Regia di Saul Dibb vedi scheda film
1940. Parigi è caduta il 10 giugno, migliaia di profughi cercano di raggiungere con ogni mezzo il sud, la cosiddetta Francia Libera. L'esercito tedesco occupa metà del Paese e un reggimento arriva nel florido borgo agricolo di Bussy, in cui vive la giovane Lucile Angellier. Suo marito è in guerra, non se ne hanno notizie da tempo e nella grande, silenziosa casa di famiglia deve convivere con la suocera, donna dispotica e meschina che in assenza del figlio gestisce la proprietà e tratta i contadini con un'inflessibilità che confina con la spietatezza. Alcune grandi ville, abbandonate dagli abitanti in fuga, vengono requisite per albergare le truppe, mentre gli ufficiali sono alloggiati presso le famiglie più eminenti del villaggio. Agli Angellier tocca il tenente Bruno von Falk; da civile era un musicista e con grande sdegno di Madame, che si rifiuta anche solo di parlargli, prende immediatamente possesso della chiave del pianoforte di casa, quella che Lucile doveva mendicare. Sarà proprio il piano a creare il primo legame fra i due giovani, che iniziano a passare sempre più tempo insieme.
Fra tante donne rimaste sole - madri, mogli, figlie - l'arrivo di tanti giovani uomini, anche se nemici, nel paese spopolato porta scompiglio. Approfittando della naturale gentilezza e della teutonica correttezza dell'ufficiale, Lucile riesce ad ottenere dal suo nuovo amico piccoli favori per i compaesani, a cui la convivenza con gli occupanti pesa davvero, sottoposti come sono a requisizioni di cibo e beni e ad ordinarie e straordinarie brutalità. Deve però subire la riprovazione della suocera, che l'accusa di aver dimenticato il marito lontano e di collaborare col "nemico". Inevitabile che fra lei e Bruno nasca un sentimento, a cui però Lucile decide consapevolmente di rinunciare nel momento in cui le circostanze la obbligano a scegliere da che parte stare.
Raramente un film è al livello del libro da cui è tratto e SUITE FRANCESE purtroppo rispetta la regola. Il regista e sceneggiatore Saul Dibb (suo l'esangue LA DUCHESSA), avrebbe potuto decisamente fare di meglio con il materiale abbondante e variegato che aveva a disposizione. Dal dittico di Irène Némirovsky, un capolavoro di scrittura brillante e acuta, appassionante, ricco di umanità e per di più scritto da un'osservatrice "sul campo", ha tratto invece niente di più che un modesto mélo bellico.
Trascurata la prima parte "Tempesta in giugno", la più interessante e ricca di personaggi ottimamente disegnati, focalizza l'attenzione sulla seconda parte "Dolce", più intimista e letterariamente più debole. Armato di una pennellessa multicolore là dove la Némirovsky usava pennino e inchiostro di china, forse per dare al film un'impronta meno femminile sceglie un approccio hollywoodiano: gonfia a dismisura episodi solo citati o appena accennati, introduce nuovi personaggi e altri ne modifica pigiando forte sul pedale dello stereotipo (il Sindaco e sua moglie sfiorano davvero il ridicolo) e finisce per trasformare la protagonista da placida, quasi passiva borghese, in una specie di eroina del proletariato. Imperdonabile poi l'aggiunta di un finale apocrifo assolutamente balordo.
Sul cast niente da eccepire: un po' incolore la protagonista Michelle Williams, che dà l'impressione di non credere più di tanto nel suo personaggio. Fisico possente e sguardo capace di soffocati furori possiede invece Matthias Schoenaerts (era il pugile di UN SAPORE DI RUGGINE E OSSA) che dà a Bruno imprevedibili sfumature di dolorosa consapevolezza. Regale e impeccabile come sempre Kristin Scott Thomas, destinata ormai a parti di suocera anche se il suo fascino è appena velato dall'età.
Quanto all'ambientazione, come in tutte le coproduzioni in costume anglo-francesi (qui fra gli altri BBC e TF1) si ha quel che ci si aspetta: girato in Belgio in un piccolo paese nei dintorni di Waterloo (!) rimasto intatto come 70 anni fa, vanta una minuziosa precisione fino al più piccolo particolare di scene e costumi, dalle facce perfette delle comparse, reclutate fra gli abitanti del posto, ai soldati tedeschi interpretati da autentici tedeschi, i cui capelli sono stati tagliati, anziché col rasoio elettrico, a mano come una volta. Ma tutti questi sforzi non bastano a dare un'anima a questo film, purtroppo non ce l'ha.
P.S. Meriterebbe di essere schiaffeggiato chi ha ideato l'insulsa pubblicità che recita "la più grande storia d'amore mai raccontata" (ma non era quella di Romeo e Giulietta?). SUITE FRANCESE è la storia di due solitudini che si incontrano e di corpi giovani che trepidano per avvicinarsi; di una giovane donna che vuole ribellarsi a convenzioni e doveri tradizionali imposti dall'alto, ma a cui si impegna ad ottemperare per libera scelta; una storia di umane miserie e tristi vigliaccherie e di ordinari e straordinari eroismi; di guerra, di sacrifici, di ingiustizie, di vittime innocenti. Ma no, una storia d'amore direi proprio di no.
(recensione pubblicata in precedenza su masedomani.com)
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