Regia di Saul Dibb vedi scheda film
È un melodramma bellico vecchio stile, quello che Dibb vorrebbe confezionare a partire dal romanzo di Irène Némirovsky pubblicato postumo nel 2004. Relegando l’afflato corale del testo di partenza a margine della storia d’amore tra il tenente nazista Bruno von Falk e la giovane Lucile, però, ne depotenzia il sottotesto fondamentale basato su una lotta di classe interna alla popolazione del villaggio francese, con la presenza nazista come semplice grimaldello per una guerra fratricida. Il sindaco collabora con l’occupante, il povero ruba al sindaco, il sindaco muore al suo posto, in quanto responsabile per l’operato dei suoi concittadini: i cortocircuiti umani sono complessi ma poco articolati e i momenti di lirismo in esterni risultano semplici corredi a un cinema frontale, patinato e verbale (a tratti verboso) da consumarsi negli interni di casa Angellier, dove cercare il senso di un’opposizione privata condotta dall’unico personaggio ben (ri)scritto. Madame Angellier, suocera di Lucile, è avida ma fiera, capitalista inflessibile tanto nei riguardi dei concittadini più poveri, quanto dei nuovi sfruttatori teutonici. Nei primi piani sulla fuoriclasse Scott Thomas la regia trova l’anima della Resistenza, ma palesa anche i limiti di una protagonista alla quale la soapoperistica flemma della Williams non riesce a donare la dovuta profondità. Il resto è dramma da camera per piccolo schermo, tra coiti interrotti, dolorose smorfie e vuoti silenzi.
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