Regia di Fulvio Wetzl, Laura Bagnoli vedi scheda film
Prima la trama, poi il fondo - film in forma di documentario - è uno splendido ritratto/omaggio ad un’ artista ancora in vita, attiva e legata a Milano, città rappresentata anche nelle opere di paesaggi insoliti e inusuali di cantieri urbani, pittrice che ha saputo mantenere vivo e pulsante il suo spirito creativo, la curiosità e la voglia di scoprire e sperimentare tecniche e linguaggi espressivi diversissimi e straordinari.
La vita e l’arte di Renata Pfeiffer è semplice e vera, genuina, sincera e senza orpelli.
E questo piccolo film indipendente di Fulvio Wetzl e Laura Bagnoli che ho avuto il piacere di scoprire, gli rende, secondo me, giustizia.
Non è un arte priva di influenze, - Mondrian, Picasso, Klee, direi anche Kandinsky - non potrebbe esserlo, ma sicuramente sono state tradotte con originalità e fantasia tutta femminile in immagini forti e potenti, che concedono poco o nulla al romanticismo, all’idealizzazione.
C’è concretezza che diventa sogno, astrazione.
Il film, attraverso immagini pittoriche quasi oniriche che catturano e sorprendono (i quadri e i lavori diversissimi di Renata) ci fa entrare in un sogno e ci restituisce la figura e l’anima di una donna particolare e non comune, non più giovane (82 anni) eppure ancora affascinante e bellissima – mi ha colpito moltissimo la luce viva di uno sguardo che è ancora capace di sorprendere e sorprendersi di fronte alla bellezza meno banale perché più nascosta, quella che va ricercata ed esplorata con tenacia e decisione, quella che appunto solo gli artisti sanno vedere e cogliere.
In fondo, credo che il vero artista, che sia pittore o regista, faccia esattamente questo; vede quello che gli altri non vedono e ce lo mostra attraverso la sua visione del mondo e della realtà, coglie ciò che è nascosto, sotterraneo.
Mi sono trovata a navigare, o forse sarebbe meglio dire nuotare tra i quadri di Renata, nel suo mondo, tra le sue tecniche, i suoi smalti industriali, i fili e le lamine metalliche cangianti, materiali strani e affascinanti che assumevano nuova vita, corpo e colore.
Non avevo mai immaginato che le sfumature biancastre delle comuni radiografie (che mostrano quello che ad occhio nudo non possiamo vedere) potessero rappresentare perfettamente tutto un altro mondo, vitale e liquido, trasparente come certe creature misteriose che popolano le acque dei mari.
Così nasce il mondo sommerso di Renata degli abissi, l’ultimissima espressione della sua arte.
Mi sono spesso ritrovata nella sue parole, nelle sue sensazioni, nella sua concezione di arte e di cosa vuol dire fare arte, nella sua idea d’ ispirazione.
L’ho capita quando parla di letargo dell’artista.
So di cosa parla.
È un linguaggio dell’anima, - che il film traduce molto bene - e l’anima a volte resta in silenzio, anche per lungo tempo, ed è inutile forzarla. Bisogna aspettare che torni a farsi sentire.
L’arte più essere un grande gioco, il più bello dei giochi, quello che ti fa riscoprire la vita, ogni volta te la restituisce diversa, qualche volta più complessa, qualche volta più dura e sofferta.
Da parte mia posso dire che sarebbe la mia sola speranza, poter mantenere la vitalità coraggiosa di questa donna.
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