Regia di Yûya Ishii vedi scheda film
Un colossale progetto editoriale. Il grande passaggio è il “dizionario del momento”: una raccolta di tutte le parole ed espressioni correntemente in uso nella lingua giapponese, compresi i termini del gergo giovanile e le più popolari sgrammaticature. Il film di Yuya Ishii, tratto dall’omonimo bestseller di Shiwon Miura, narra la genesi di miracoloso volume. La sua storia è lunga quanto un’epoca, si estende per quattordici anni, intrecciandosi con le vicende personali degli autori di questa straordinaria impresa bibliografica. Il tono della narrazione è romanzesco, a tratti retoricamente enfatico, in altri momenti prevedibilmente sentimentale, e complessivamente un po’ troppo convenzionale per regalare vere emozioni. Tuttavia, nel suo cuore inquieto nasconde la preziosa idea della passione per le cose neglette, per quei tesori che, secondo il comune sentire, hanno fatto il loro tempo e ai quali nessuno più bada. Un libro di carta è un oggetto démodé: se ne avverte l’incipiente declino già a metà degli anni novanta, quando l’avvento della telefonia mobile fa presagire una rapida diffusione della comunicazione digitale. Eppure c’è chi non si lascia scoraggiare e continua il suo lavoro, nel solco di una secolare tradizione fatta di schede compilate a mano e di infinite pile di bozze controllate da squadre di volonterosi correttori armati di matite rosse e blu. Il redattore Araki, giunto ormai all’età della pensione, sarà sostituito da Majime, un giovane addetto alle vendite taciturno ed impacciato, ma dall’indole paziente e riflessiva. È uno dei pochi a saper dare, all’impronta, una corretta definizione del termine destro (la direzione del nord quando si guarda ad ovest). La sua formazione comprenderà la crescita professionale ed affettiva, secondo il classico stereotipo del successo come realizzazione nella carriera e felicità nell’amore. È comunque una positività sofferta, quella che aleggia in questo film; è dolce e leggera ma intrisa nel sudore e spruzzata di qualche lacrima. Intanto, però, l’impegno risulta sempre vincente, e la fortuna non si dimentica mai di aiutare gli audaci. Mentre, sul fronte pratico, il trionfo è netto è inevitabile, è sul versante della trascendenza che si registra un piccolo obiettivo fallito: un appuntamento mancato per un soffio, ma nulla a cui non si possa riparare, anche dopo la morte. Il racconto ama muoversi al confine della realtà, accennando al funambolismo dei manga, che sfiorano il paradosso stringendo i denti, ed intrecciano le loro danze liberatorie sul filo delle coincidenze. È una favola fatta di sogni dei giorni nostri, un po’ futuristici, un po’ dal sapore antico, e che fanno allegramente rumore. È una commedia che punta strenuamente al lieto fine, e perciò non prende sul serio gli elementi del dramma. Bastasse davvero, crederci e tener duro, per superare tutte le avversità: quelle prodotte dal caso e da un mondo che, oggi più che mai, freme di impazienza e corre a perdifiato.
The Great Passage ha rappresentato il Giappone agli Academy Awards 2014.
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