Regia di Henry Hathaway vedi scheda film
Al contrario di quanto ci si può aspettare, non è principalmente un film di guerra. Prima dei titoli di testa c’è un prologo (Morandini ritiene che sia la prima occorrenza di questo espediente, poi diventato abituale grazie a 007) sul commando che nel novembre 1941 tentò inutilmente di uccidere Rommel, già diventato uno spauracchio per i nemici. Poi il detentore della voce narrante si presenta: è un ufficiale inglese (realmente esistito, e autore del libro a cui il film si ispira) che ha incontrato Rommel solo una volta, apprezzandone le qualità cavalleresche, e che dopo la guerra ha indagato sulle circostanze della sua morte. Poi si segue con ordine la parabola discendente del personaggio: da El Alamein allo sbarco in Normandia, al coinvolgimento di Rommel nell’attentato al Führer e al suicidio impostogli per salvaguardarne l’onore e per risparmiare guai ai familiari. Rommel viene presentato con enorme rispetto: non solo come un genio della strategia ma anche come un uomo leale e scrupoloso, costretto a fare i conti con le deficienze logistiche e con l’ottusità dei comandi (von Rundstedt vecchio disilluso, Keitel burocrate leccapiedi, Hitler isterico); e la conclusione è affidata alle parole in sua lode pronunciate da Churchill in persona. Molto probabilmente è un’immagine distorta: ma, si sa, non è solo nel West che si stampa la leggenda.
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