Regia di Adam McKay vedi scheda film
Il conduttore TV Ron Burgundy viene licenziato, ma trova spazio alla GNN, che ha in mente il primo canale all-news della storia. Nonostante la riluttanza Burgundy partecipa al progetto, ripescando dal dimenticatoio i suoi tre storici compagni di viaggio.
A quasi dieci anni dal primo capitolo, tornano le vicende demenziali dell’anchorman più famoso del cinema statunitense. Rispetto al primo capitolo cambia poco: il registro di Apatow, qui produttore nel senso classico del termine (cioè che ha l’ultima parola sul film), rimane ancorato ai soliti cliché che partono dall’istrionismo (ormai un po’ scontato) del solito Will Ferrell, per passare attraverso la coralità di attori e caratteristi di vario livello (dal bravo Paul Rudd, all’esilarante David Koechner, fino al sempre estremo Steve Carell), demolendo il mondo del giornalismo americano, fatto di gelosie, tresche, invidie, sgambetti. Ma l’intento della crew di Apatow non è quello di spodestare gli scheletri dagli armadi delle redazioni a stelle e strisce (per quello ci sono i giornalisti veri). Lo scopo è invece quello di provocare risate grasse, riuscendoci per la verità a fasi alterne. Di certo non ci si annoia, ma se il sorriso arriva più facilmente da John C. Reilly conciato da fantasma di History Channel, oppure dall’inattesa presenza di due attrici abituate ad altri registri narrativi come Marion Cotillard e Kirsten Dunst, vuol dire che la sceneggiatura non ha fatto pienamente il suo dovere.
Un film non dissimile dal primo capitolo, forse ancora più demenziale, ma sempre conscio dei suoi punti di forza (esasperazione di certe situazioni, demenzialità, una velata satira sulla cultura americana). Gli attori sono bravi tutti, ma il film è meno divertente di quanto ci si attenda (la parte in cui Burgundy diventa momentaneamente cieco è lenta, oltre che dall’andamento scontato). E la mancanza di ritmo, avvisata anche in altri passaggi del film, non è certo un peccato veniale per questo tipo di film.
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