Regia di Hans Petter Moland vedi scheda film
Nell'obitorio il poliziotto è lapidario: "oggi tanti ragazzi si drogano senza che i genitori se ne accorgano". Ma Nils Dickman (Skarsgård, il memorabile coprotagonista de Le onde del destino), da poco insignito dell'onorificenza di cittadino dell'anno, non ci sta. Non crede affatto che suo figlio sia morto per overdose. Scopre infatti che lo hanno eliminato soltanto perché aveva visto e saputo troppo rispetto a un carico di droga passato per la mani di un suo amico. Dickman decide allora di risalire la filiera che, dall'esecutore materiale del delitto, porta su su fino al vertice, rappresentato da un crudelissimo narcotrafficante vegano ossessionato dall'educazione del figlio (Valheim Hagen) e dal suo rivale serbo (Ganz). In mezzo, in ordine di sparizione, una galleria di personaggi bislacchi.
Il cinema scandinavo non è soltanto Bergman, Uomini che odiano le donne o Lars Von Trier e Susanne Bier, ma anche quella formidabile miscela di dialoghi e situazioni grottesche ("Nei paesi caldi il welfare non c'è: se hanno problemi, si chinano e raccolgono una banana"; i due killer gay; i capitoli del film divisi dai cartelli funebri, neri con croce bianca e nome del morto) e deviazioni pulp che qui viene condotta alla sua massima potenza. Morti efferate ed ellissi improvvise si avvicendano spiazzando di continuo lo spettatore. L'incontro ideale tra le atmosfere di Pal Sleutane e la violenza grottesca dei Coen e Tarantino calato all'interno di un racconto che sta tra Un borghese piccolo piccolo e Il giustiziere della notte.
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