Regia di Hans Petter Moland vedi scheda film
Prima che il successo del noir scandinavo riempisse gli scaffali delle librerie e la bocca dei lettori, il cinema proveniente da quelle zone era non solo sporadico, ma anche intransigente sotto il profilo del rigore e della autorialità. Oggi, invece, la situazione è completamente ribaltata grazie a una richiesta di mercato cresciuta a livello espoenziale e che però cinematograficamente parlando non ha saputo confermare la bontà della fonte letteraria. Per sfruttare l’occasione e soddisfare la domanda i produttori hanno pensato bene di riempire il mercato con una serie di cloni di qualità televisiva,preoccupati solo di replicare le atmosfere e i personaggi di “Millenium”, capostipite della new wave scandinava.
Un’omologazione verso il basso che non appartiene all’ultimo film di Hans Petter Moland, autore noto al pubblico festivaliero e giunto in italia sull’eco del successo riscosso a Berlino con il suo “In ordine di sparizione”. Forte dell’interpretazione di Stellan Skarsgard (Nymphomaniac), attore feticiccio del regista e volto esportabile a qualsiasi latitudine, il film racconta la vendetta di un “uomo tranquillo”, la cui vita è sconvolta dalla morte del figlio coinvolto per caso in una resa dei conti operata da un potente cartello della droga. Abbandonato dalla moglie e messo di fronte alla verità dei fatti, l’uomo inizia a sterminare i componenti della banda, mettendo in moto in un giro di vite che a un certo punto coinvolgera la mafia serba (guidata da mitico Bruno Ganz), accusata per sbaglio di quelle morti.
Più che l’intreccio, a risultare interessante è la gestione della struttura drammaturgica che mescola i registri (dal nero al comico e persino al grottesco) mantenendosi sempre adeguata a un racconto che dietro il sangue e le morti violente ci parla di famiglia distrutte e di padri che non riescono a crescere i propri figli. Insomma uno spaccato di contemporaneità regolata da una regia metronomica, e arricchita da una serie di trovate – come quella di annunciare la morte dei personaggi con un necrologio visivo che ironizza sul loro nome - che strappano il sorriso e fanno pensare. Come accade quando scopriamo che anche la Novergia è sotto lo scacco della mafia, oppure quando neanche troppo sotto le righe emerge il sospetto di uno strisciante razzismo, a cui Molland allude nelle considerazioni che il suo personaggio, Svedese, deve subire da parte di concittadini che non possono credere a uno straniero efficace e vincente come lui. Le qualità appartengono anche al comparto visivo, che non solo sottolineano la peculiarità del paesaggio, perennemente innevato e come “Fargo” destinato a entrare in dialettica con i personaggi, ma che mediante l’ossessiva ripetizione di immagini sempre uguali,come lo sono i campi lunghi che annunciano la prossima dipartita mostrando i veicoli dei personaggi entrare o uscire dalla metropoli del malaffare, oppure lo scenario e la musica solenne che ogni volta accompagna il protagonista intento a sbarazzarsi dei cadaveri. Se a questo aggiungiamo situazioni esasperate, tipizzazione dei personaggi e sangue, tanto sangue, la sensazione e’ quella di trovarci nel pieno di un pulp movie in versione ghiacciata. “In ordine di sparizione” e’ un film da non lasciarsi sfuggire.
(icinemaniaci.blogspot.com)
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta