Regia di S. Craig Zahler vedi scheda film
Le colline hanno gli occhi e sono occhi iniettati di sangue, famelici e assassini, sono gli occhi di quella parte dell’uomo che rifiuta l’inevitabile evoluzione imponendosi uno stato basico e primordiale, selvaggio e animalesco, così era negli anni ’70 quando Wes Craven metteva in scena il suo scontro fra nature opposte ma complementari, può esserlo ancor di più al tempo della frontiera, in un epoca dove il divario fra civiltà e barbarie è chiaramente più accentuato, il west come scenario ideale per mettere in atto l’ennesimo duello tra l’uomo “evoluto” e quello primitivo.
Questo è il tema del film diretto dallo sceneggiatore Craig Zahler (qui al suo esordio dietro la macchina da presa), un film che comincia come un western abbastanza classico per poi virare verso i territori dell’horror cannibalico piu spinto, sulla carta una fusione che appare interessante ma dallo resa discontinua.
Il film si apre con la scena di uno sgozzamento, due balordi vagano per la prateria e uccidono i viandanti che si lasciano sorprendere nel sonno, i due ladri e assassini hanno facce conosciute, sono quelle di David Arquette e di Sid Haig (una faccia come la sua non te la dimentichi), portano a termine il loro sporco lavoro ma per errore finiscono per attraversare una specie di cimitero indiano, il povero Haig nonostante il suo storico sporco muso da icona horror fa una brutta fine, mentre il piu svelto Arquette se la squaglia.
La sua fuga lo porta in un paesello isolato, che per quanto è lindo e pinto sembra uscito da uno studio di posa appena costruito, il paese si chiama Bright Hope e ci vivono una manciata di persone, che il plot scritto dallo stesso Zahler cerca di delineare nel migliore dei modi.
A cominciare dallo sceriffo Hunt (un Kurt Russell cazzuto come ai bei tempi) e dal vice del suo vice, un vecchio brontolone di nome Chicory (Richard Jenkins), poi abbiamo la coppia formata dal cowboy con tibia rotta Arthur O’Dwyer (Patrick Wilson) e da sua moglie Samantha (Lili Simmons), piu in disparte la misteriosa figura di un pistolero di nome Brooder (il lostiano Matthew Fox).
La storia vuole che il fuggiasco Arquette si porti dietro le ombre di una misteriosa tribù indiana parecchio “arrabbiata” per la profanazione del cimitero sopra citato, per cui nella notte gli indiani fanno fuori un povero stalliere e si prendono la preda che braccavano (Arquette), piu in premio la bella Samantha.
Inevitabile la formazione di una piccola posse per inseguire gli autori dell’assalto, ne fanno parte lo sceriffo Hunt e il suo (old man) vice, il marito della donna rapita e il pistolero, quattro uomini in tutto, compresi un vecchio chiacchierone e uno zoppo con la gamba malandata, non proprio il massimo considerato che gli indiani che cercano non sono indiani comuni, ma una tribù primitiva e troglodita che pratica il cannibalismo e l’incesto, diciamo che la semplice definizione di selvaggi gli va decisamente stretta.
Bone Tomahawk ha uno sviluppo semplice e lineare, il film in pratica si divide in tre atti ben distinti (a parte l’incipit), nella prima parte vengono presentati i personaggi, nella seconda si racconta del difficile viaggio dei quattro per arrivare al covo degli indiani, nella terza c’è infine il confronto senza esclusione di colpi tra i cannibali e i nostri protagonisti.
Zahler ne azzecca due su tre e questo gli basta per portare a termine il lavoro in modo dignitoso, si perde un pò nella fase centrale dove il racconto del viaggio sembra avere un minutaggio eccessivo, forse l’obiettivo era quello di catturare meglio il carattere dei personaggi ma a mio avviso si lascia andare troppo con il rischio di annoiare, il film è un pizzico troppo lungo e se c’è una parte da “tagliare” è proprio quella centrale.
Zahler utilizza uno stile asciutto (uso della musica quasi assente) e una regia a volte troppo contemplativa, l’impressione è che cerchi un impronta autoriale in un contesto che non lo richiede, in fondo la storia è semplice e dilungarsi troppo nella ricerca di una forma espositiva “alta” non aiuta la dinamica del racconto.
Per il resto la fusione dei due generi funziona abbastanza bene, il cast può contare su almeno due autentici fuoriclasse come Kurt Russel e Richard Jenkins, da soli reggono alla grande la scena e surclassano il comunque valido Patrick Wilson, discorso a parte merita Mattew Fox, il personaggio del pistolero Brooder sembra quello meno approfondito, ma non è chiaro se i limiti siano dell’attore o del soggetto, leggo che per il ruolo era stato inizialmente contattato Timothy (Justified) Olyphant, sulla carta una scelta più azzeccata.
Inutile negare che il momento clou è rappresentato dalla parte finale, come predetto da un indiano “civilizzato” prima della partenza la tribù di trogloditi sono qualcosa di primitivo che va al di là di ogni immaginazione, quando finalmente compaiono in scena il film si trasforma in un vero e proprio horror-movie, l’antro dei cavernicoli e un ricettacolo infernale che richiama lande desolate ormai estinte, lo squartamento di un povero sopravvissuto farà la gioia degli amanti del genere e il sangue e la violenza bruta prenderanno il sopravvento.
Il west è sempre stato selvaggio e la civiltà una conquista faticosamente raggiunta, Zahler fin dall’incipit (i due balordi che tagliano le gole ai viandanti) ci dice che l’uomo della frontiera era ancora molto lontano da questo traguardo, lo stesso divario che lo separa da una tribù di indiani anomali e fuori dal tempo.
Bone Tomahawk è una dichiarata versione western del classico di Wes Craven Le colline hanno gli occhi, un esperimento interessante nonostante la poca originalità, un film che forse avrebbe dovuto spingere di più sul ritmo e sulla dimensione pulp invece di cercare una forma estetica piu fine, estranea al contesto narrato.
In definitiva un western/horror che in tempi di carestia come questi si guarda con moderato piacere, ma che non lascia segni importanti se non le buone prove di Russell e Jenkins e alcune sequenze splatter nel finale.
Voto: 7
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta