Regia di Franco Martinelli vedi scheda film
Di certo non un capolavoro ma sicuramente uno dei titoli più popolari e significativi del genere poliziottesco, quello che ha lanciato la figura del commissario tutto d'un pezzo interpretato dal compianto Maurizio Merli, sorta di nostrano braccio violento della legge diventato uno dei personaggi simbolo di tutto il filone. "Roma violenta", diretto da Marino Girolami con il nom de plume di Franco Martinelli, è sicuramente un titolo pieno di difetti, a cominciare dal non eccelso livello di molti degli "attori" presenti nel cast, per continuare con l'esilissima sceneggiatura di Vincenzo Mannino, poco più che un pretesto per affastellare, in maniera non sempre del tutto congrua, spettacolari scene d'azione e di violenza (notevole comunque la lunga sequenza dell'inseguimento). Di grande successo all'epoca della sua uscita, il film di Girolami è stato a lungo dimenticato, se non addirittura sottoposto ad una sostanziale damnatio memoriae a causa del presunto contenuto destrorso e reazionario e successivamente "rivalutato" (come, per fortuna, tutto il genere poliziottesco) ed assurto addirittura allo status di cult movie. La verità, come spesso accade, sta nel mezzo: "Roma violenta" appartiene, infatti, al filone più semplice e "commerciale" del poliziottesco, quello che, al di là degli schieramenti politici, non faceva altro che proporre al pubblico popolare e (a quei tempi) numerosissimo che affollava i cinema italiani esattamente quel che il pubblico medesimo desiderava: un pubblico sicuramente di bocca buona, che si sentiva spaventato ed impotente di fronte alla violenza urbana politica e malavitosa, esplosa negli anni '70, che si riempiva la testa e la bocca di luoghi comuni sul "dove si andrà a finire di questo passo" e che, almeno al cinema, desiderava messaggi chiari e forti, che il bene avesse gli occhi azzurri e lo sganassone facile di Maurizio Merli e che il male avesse la faccia brutta, sporca, cattiva e, almeno ogni tanto, gonfia per le mazzate ricevute. Più che destrorso, "Roma violenta" era semplicemente un film qualunquista e, come tale, perbenista e populista (senz'alcuna accezione necessariamente negativa) esattamente come le masse alle quali era diretto e che, infatti, gradirono molto. A 35 anni di distanza il giudizio ideologico e sociologico, grazie al cielo, può essere accantonato senza troppe remore, o quantomeno appassionare per mero interesse storico: restano le immagini di un film scarno ed essenziale, girato con mestiere e senza troppi fronzoli, con una sceneggiatura piena di buchi, un cast non sempre all'altezza, scene d'azione dure e coinvolgenti ed una colonna sonora (dei fratelli De Angelis) bella ed incalzante: nell'insieme voto sufficiente.
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