Regia di Alan J. Pakula vedi scheda film
Atteso al varco dopo Tutti gli Uomini del Presidente, Pakula scelse la carta riflessiva e intimista all'interno del filone western. Gli scenari sono quelli del genere più intenso e crepuscolare, la storia è la classica di dissidi fra proprietari terrieri e spinte del nuovo capitalismo (siamo nei 40 il decennio della consapevolezza mondiale sulla supremazia USA), insomma un racconto 'americano' perfetto. Il tramonto del west fa da cornice a questi conflitti dove la libertà e l'individuo corrono nelle grandi praterie, dominate dai campi lunghi della messinscena e dalle grandi performance del cast. Un film riflessivo che si prende il suo tempo, realizzato fra amici (attori e tecnici già nel giro del regista da anni) e rivelatore ancora una volta che se si vuole capire l'America bisogna guardare i suoi spazi, i suoi paesaggi. Così il Panavision e la fotografia di Willis trasmettono l'effetto panico della vita del cowboy, un'esistenza dura, rude ma inevitabilmente pura e 'poetica'. E Pakula riesce a trasmetterci questa sensazione, ma oltre a questo ci troviamo di fronte anche al problema dei reduci (la WW2 ma chiaramente il pensiero va al Vietnam) e alla loro disillusione dell'american dream distrutto dalle istituzioni e unicamente raggiungibile attraverso il contatto diretto con la natura. Così Comes a Horseman è un'opera lenta, avvolgente e politica da riscoprire, anche per comprendere di più gli anni d'oro della New Hollywood tanto cara a noi spettatori europei con negli occhi un sogno chiamato America.
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