Regia di Liv Ullmann vedi scheda film
Amore e potere, attrazione e repulsione tra due classi sociali che si sfiorano in interni, si annusano e si scoprono, per poi rifiutarsi sulla base di differenze inestirpabili. A 14 anni di distanza da L’infedele, Liv Ullmann torna alla regia solcando i territori del drammaturgo August Strindberg tanto cari al suo mentore e maestro Ingmar Bergman. Adattando La signorina Julie del genio scandinavo, impagina un dramma privato di derivazione teatrale e lo gestisce con crudele grazia e glaciale empatia tra le stanze della villa irlandese di Miss Julie, altera e sprezzante nobildonna di fine Ottocento a contatto con il rozzo e morale servo John, in una notte di mezza estate in cui i vincoli sociali si allentano fino ad apparire invisibili. Ullmann illustra i giochi di dominazione e la conseguente lotta di classe mediante una gestione consapevole di espedienti semplici: dalla posizione dei personaggi nel quadro - ora simmetricamente opposti, ora avvinti, ora riflessi da un vetro che li separa, infine centrali nella solitudine - siamo aggiornati sullo stato della politica, delle relazioni intime (ma pubbliche, sempre), del potere. Se chi è in alto sogna di cadere e sporcarsi, chi è in basso vuole salire a vedere che effetto fa il mondo, visto da lassù. Avvalendosi di tagli di luce hopperiani e di una coppia di interpreti degni del copione (Chastain soprattutto), Miss Julie batte sui nervi scoperti di un sistema che, oggi come allora, perversamente divide.
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