Regia di Liv Ullmann vedi scheda film
Fine '800, Irlanda, festa di S.Giovanni. Miss Julie (Jessica Chastain) è la giovane figlia di un barone che decide di festeggiare la notte di mezz'estate al proprio castello insieme ai suoi servitori, piuttosto che partire con il padre per passare la nottata con i ricchi amici nobili. Miss Julie si appresta così a trascorrere ore di spensierato svago, provocando con la sua bellezza e i suoi modi anticonformisti il bel maggiordomo di casa John (Colin Farrell). Inizia così un pericoloso gioco di seduzione, che soltanto inizialmente la intraprendente Julie riesce a dominare. I ruoli di padrona e servo iniziano a vacillare sotto gli occhi increduli della cuoca (e fidanzata di John) Kathleen (Samantha Morton). Julie si fa forza del suo rango e della sua stravagante civetteria per affascinare il bel John, che ben presto capitola di fronte ai suoi piedi confessandole il suo antico amore per lei, nato fin da bambino quando la spiava dal muro di cinta del suo giardino. Per un terribile e irreversibile momento i due cessano di avere ranghi sociali differenti e si amano, diventando così amanti con tutte le conseguenze che ne derivano.
L'amplesso consumato rende John più forte e sicuro, Julie più fragile e impaurita, Kathleen più incredula e delusa. I ruoli non sono più quelli di sempre e quindi più rassicuranti di padrone e servo, ma si trasformano in quelli più drastici di uomo e donna. John, una volta ottenuto ciò che cercava cala la maschera, confessando a Julie il suo desiderio di rivalsa nei confronti dei padroni che aveva sempre servito, la voglia di vivere la vita sotto altri cieli – quelli italiani nello specifico – sognando di arricchirsi mettendosi in affari e aprendo un albergo. Non è quello del servitore il suo ruolo, lui ha letto libri, sa parlare e pensare, ha provato la fame e vuole riscattarsi da una vita già segnata dal suo ceto di appartenenza. Chiede a Julie di rubare i soldi che il padre nasconde in biblioteca e di scappare insieme a lui prima del suo ritorno.
Julie comprende immediatamente che il gioco che lei stessa aveva provocato l'ha condotta in un abisso senza ritorno. Come rimediare alla perdita della sua verginità? Si è data ad un servo, sedotta dalle sue parole alle quali ora lei si ostina di credere, anche una volta capito che erano solo un'arma per sedurla e ottenere il suo corpo. Julie deve credere di essere innamorata per poter giustificare il suo momento di fragilità, nel quale ha dimenticato di essere una baronessa. Lei che aveva provocato l'aborto della sua cagnolina di razza perché l'aveva scoperta ad accoppiarsi con un meticcio, come potrebbe sopportare la possibile nascita di un “bastardo” nato da un servo?
In tutto questo gli occhi increduli di Kathleen che ha sempre basato la sua vita sulla sicurezza e la fede in Dio e nella differenza sociale che la separava dai suoi padroni. Un servo non può essere uguale o migliore del suo padrone. In che cosa possono credere se non nel fatto che i loro padroni sono migliori di loro e che per questo devono essere serviti? A che serve altrimenti tanto lavoro?
La tragedia è alle porte una volta che il barone rientra a casa (barone che nel film non si vede mai, ma del quale se ne percepisce la presenza continuamente). Ognuno riprende i propri ruoli: Kathleen va a messa e chiede perdono per i peccati di tutti, Jhon si rimette in livrea e pulisce gli stivali del barone e Julie cerca l'unica soluzione possibile per una donna del suo rango disonorata da un servo.
Tratto dall'atto unico di August Strindberg “La signorina Julie” del 1888. Il film di Liv Ullmann si avvale di un'ottima interpretazione di due attori in stato di grazia: Colin Farrell e Jessica Chastain che danno una prova di bravura difficilmente visibile nei film di oggi. Il film cresce costantemente senza abbassare mai il livello del ritmo, non si perde mai un gesto o una sola espressione degli attori in scena. La regia segue attenta l'evolversi dei vari passaggi rimanendo riservata (se mi si può passare questo termine a riguardo della regia), senza mai alzare il tono giudicando questo o quel personaggio. In questo modo chi guarda il film e segue il racconto si lascia rapire dai dialoghi e dalle scene di forte impatto – che non mancano – e l'emozione prende il sopravvento. Bellissima la fotografia di Mikhail Krichman e i costumi di Consolata Boyle.
Brava Samantha Morton, attrice che ho sempre apprezzato in piccoli e grandi ruoli, in questo pare essere perfettamente a suo agio.
Quello che mi ha particolarmente impressionato in questo film è stata la cura per i dettagli, tipici di una regia teatrale, non mi stupirei se la Ullmann (che ha anche scritto la sceneggiatura) portasse in teatro questo ottimo lavoro e rielaborazione dell'opera di Strindberg (autore che mi ha sempre affascinato per i suoi risvolti psicologici e per la modernità dei suoi scritti).
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta