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Welcome to New York

Regia di Abel Ferrara vedi scheda film

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La recensione su Welcome to New York

di alan smithee
8 stelle

locandina

Welcome to New York (2014): locandina

 

CANNES 2014 – MARCHE'

Il film che il Festival non si è sentito di proiettare nelle sue sezioni ufficiali, e per questo passato, con molto più interesse e scalpore di tante pellicole “regolari”, presso le proiezioni riservatissime (ma sempre affollatefino all'impossibile) del Mercato che sta dietro la manifestazione principale.

Abel Ferrara, quel grande autore, racconta per filo e per segno, quasi pedinando il suo bieco e laido personaggio, lo scandalo Strauss-Khan: una vicenda squallida che ormai grazie ai media e alle immagini rese pubbliche dai mezzi di informazione, non racchiude in sé ormai più alcun segreto o verità inconfessabile non già rivelata ed esplicitata nei più scabrosi ed intimi particolari: figuriamoci poi nei riguardi di un autore che, già avvantaggiato da tanto materiale apertamente a disposizione, ha potuto scavare a fondo nel lercio vizio incontenibile che ha mosso un potente e quasi intoccabile esponente del mondo economico, e dunque del potere, fino ad un delirio in grado di far crollare le fondamenta della sua apparentemente inespugnabile roccaforte di potere/volere.

Gérard Depardieu

Welcome to New York (2014): Gérard Depardieu

“Ho scelto di interpretare questo personaggio perché in generale detesto i politici e pure chi pensa di poter godere in modo unilaterale per lo spazio di pochi minuti infischiandosene della persona che gi sta vicino e gli diviene succube. Mi piace recitare ancor più i personaggi che detesto, è sempre stato così per me”: queste, a gradi linee, le parole di un sempre più debordante Depardieu, riferite ai giornalisti in un flash di pseudo intervista che precede non senza un tocco di sfrontata e satirica originalità e sorpresa, la vicenda minuziosa e coinvolgente dello scandalo che seguirà di li a poco per tutta la durata della pellicola.

E Depardieu in effetti si butta anima e corpo, devastato quest'ultimo sino a livelli parodistici dalla pinguedine fino all'inverosimile, nei panni di questo spregiudicato, maniacale personaggio, potentissimo presidente del Fondo Monetario Europeo, sessuomane incallito sino all'ossessione più incontrollata. Ferrara segue il suo personaggio, in arrivo a New York per una importante riunione, distrarsi con la complicità di amici e collaboratori, e naturalmente attorniato da un nutrito stuolo di giovani gazzelle di cui cibarsi: una serie di piaceri contempla-usa-e-getta in grado di placare almeno per qualche momento una fame insaziabile che l'uomo pare non riuscire più a controllare. Tanto incontrollabile che l'economista finirà per insidiare anche una povera cameriera in procinto di rifare la stanza, assalendola nudo e allupato in tutto il suo enorme e debordante fisico volgare.

Gérard Depardieu

Welcome to New York (2014): Gérard Depardieu

Denunciato, arrestato per un soffio con un astuto stratagemma da parte della polizia, approfittando dello smarrimento del cellulare, sventato il tentativo di rimpatrio in Francia, l'uomo viene rinchiuso in carcere tra i delinquenti comuni: il re del mondo economico in gabbia coi diseredati che lo accerchiano, ma che tuttavia non riescono ad intimidirlo. Poi i rapporti con una moglie ricca e ambiziosa che non riesce anche stavolta, nonostante i clamori e la vergogna, a non coprirlo e a non abbandonarlo nel proprio abisso senza ritorno.

Welcome to New York è un film che insozza, infanga chi lo vede; una pellicola che ti fa sprofondare tra i fondali melmosi di una palude putrescente: un film che ti lascia addosso lo sporco di un mondo di persone (come lui anche politici e personaggi celebri ed arrivato di ogni campo e genere) che si crede intoccabile ed invincibile, a cui ormai tutto, ma proprio tutto, si ritiene debba essere dovuto.

Gérard Depardieu

Welcome to New York (2014): Gérard Depardieu

La sgradevole sensazione di sporcizia è tuttavia il sinonimo più evidente della riuscita di una pellicola tosta che procede senza preoccuparsi di rispettare tempi cinematografici o ritmi di sceneggiatura, dritta imperterrita fino alla meta. Inevitabili le querele e le denunce di chi non ha potuto non riconoscersi in quei nomi fittizi ma fin troppo rappresentativi di fatti arcinoti; imbarazzo dei francesi tutti, popolo che ha sempre sbeffeggiato i nostri “bunga bunga” deridendoci, magari in fondo meritatamente, ma senza stile e anche inopportunamente in occasioni ufficiali internazionali, ostentando invero anche una superiorità che proprio in virtù di questo episodio, appare essere del tutto fuori luogo ed ingiustificata; medesimo sentimento da parte dei vertici del Festival, che hanno preferito declinare l'invito ad un regista tra i più interessanti da oltre un ventennio, e qui ancor più di altre volte lucido narratore di uno squallore metropolitano che si consuma nel sottofondo immancabile delle sirene lontane della sua metropoli, un macrocosmo devastato ed in cerca di emozioni per vincere una morte interiore che ormai puzza di marcio.

 

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