Regia di Ferzan Özpetek vedi scheda film
“Una persona può dimenticare ogni cosa tranne se stessa e la sua essenza” (Arthur Schopenhauer)
Un certo giorno, in riva al mare, il più popolare turco naturalizzato italiano si ritrovò per puro caso (o per destino?) ad ascoltare alla radio una vecchia canzone di Rino Gaetano scritta da Riccardo Cocciante.
E illuminazione fu.
Decise così (su due piedi) di farne un film (coi piedi), che raccontasse o interpretasse, secondo la sua particolare sensibilità, indubbiamente unica, la storia di quella canzone, sicuro di poter estrapolarne l’essenza potentissima.
Universale, intramontabile, eterna.
Che ancora e sempre spezzerà il cuore di chi l’ascolta.
L’ultima fatica di Ferzan Özpeteck pare voler dirci o ricordarci cosa sia la vita e cosa siano le persone. E quanto la vita ‘lavori’ su ognuna, cambiandola, trasformandola in qualcosa/qualcun altro. Un individuo, un ‘essere’ diverso, che difficilmente riusciremmo a riconoscere (e riconoscerci).
La vita è un alito di vento. È un istante.
Che si propaga come cerchi nell’acqua.
La vita è come viene. È il caso.
Ma il destino ci mette lo zampino.
E col senno di poi ci si accorge (o ci si convince) che non poteva andare se non nel modo in cui è andata.
La stagione dell’amore è una calda giornata di sole: luminosa, sfolgorante, breve, intensa, indimenticabile.
Il cerchio della vita parte da qui e qui si chiude.
Il resto è volume.
È il quotidiano con i suoi alti e bassi, i giorni sì e quelli no.
La routine che deforma, logora, inaridisce, allontana, svilisce, deprezza. La noia, il grigiore, l’insoddisfazione.
Il senso di estraneità che inghiotte il passato e si nutre del presente. L’inerzia.
E tutto pare perduto.
Ma, forse, una possibilità ancora c’è (in questo film sicuramente c’è).
Se si fosse lavorato diversamente sulla storia, sui personaggi, asciugando se non prosciugando quelli di contorno, inutili e soprattutto irritanti nella loro triste funzione di ‘rallegrare’ gli animi che le intenzioni serissime vorrebbero depressi, trafitti.
Se non si avesse avuto la sensazione di guardare una fiction tv sui nostri (bei) tempi andati.
Se tutto non fosse risultato così programmatico.
Se non si fossero manovrate così sfacciatamente le emozioni,
inducendo lo spettatore a piangere a comando (sempre nelle intenzioni) al prepotente irrompere del commento musicale opportunamente struggente o melanconico.
Se non si fosse avvertito quel sapore di vecchio, di stantìo, di già visto e stravisto (con risultati migliori).
Se il film fosse stato solo e soltanto quella bella e promettente prima parte --dall’iniziale piano sequenza della pioggia scrosciante sulla strada fino al momento dei due corpi stesi l’uno sull’altra sulla sabbia-- insieme alla conclusione, sarebbe stato magico, perfetto.
Ma forse, certamente, non sarebbe stata la vita. Quella voluta dal regista. Che prende pieghe amaramente inaspettate e tuttavia note a tutti.
Eppure Özpeteck sa lavorare sui volti, sulle sospensioni/dilatazioni (spazio-temporali), sulle atmosfere, sulle inquadrature……
Avrebbe potuto realizzare un corto che rispolverasse lo splendido pezzo “A mano a mano”.
Questo sì che fa commuovere.
Però, bisogna aspettare i titoli di coda.
2 stellette 1/2
A mano a mano ti accorgi che il vento
Ti soffia sul viso e ti ruba un sorriso
La vecchia stagione che sta per finire
Ti soffia sul cuore e ti ruba l'amore
A mano a mano si scioglie nel pianto
Quel dolce ricordo sbiadito dal tempo
Di quando vivevi con me in una stanza
Non c'erano soldi ma tanta speranza
E a mano a mano mi perdi e ti perdo
E quello che è stato ci sembra più assurdo
Di quando la notte eri sempre più vera
E non come adesso nei sabato sera....
Ma...dammi la mano e torna vicino
Può nascere un fiore nel nostro giardino
Che neanche l'inverno potrà mai gelare
Può crescere un fiore da questo mio amore per te
E a mano a mano vedrai che nel tempo
Lì sopra il tuo viso lo stesso sorriso
Che il vento crudele ci aveva rubato
Che torna fedele
L'amore è tornato da te....
(testo- Riccardo Cocciante, voce- Rino Gaetano)
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