Regia di Marcelo Machado vedi scheda film
Nessun uomo è un’isola, eppure Gilberto Gil e Caetano Veloso - insieme ad altre magnifiche presenze del Brasile anni 60 - hanno ribaltato la definizione di atollo trasformandolo in una zolla permeabile, ineditamente affollata: senza confini, senza riserve, il tropicalismo nasce da un istinto gioioso a farsi attraversare da tutte le influenze, restituendole in una musica globale, personale e viva. Responsabile di contaminazioni alt(r)e, in uno scoppiettante, fruttuoso scambio di ispirazione che coinvolge l’America esecrata dalla dittatura militare e il mezzo televisivo demonizzato dall’estrema sinistra. Il nome arriva dall’opera dell’artista visivo Hélio Oiticica, un dedalo sabbioso che si schiude di fronte a un televisore: i mass media non sono il nemico, e il documentario di Marcelo Machado ne fa uso ampio e funzionale, eppure emotivo, entrando e uscendo dal piccolo schermo con corroborante alegria e un pizzico di sana saudade. A dispetto di facili nostalgie, Tropicalia (presentato al Milano Film Festival 2012) affonda le sue radici nel sentimento del presente, schierando volti e corpi bicromatici accesi (ed eternati) da avvincenti lampi fluorescenti. Inframmezzati da scene di film (uno su tutti: Terra in trance, 1967), linfa per gli occhi spugnosi di questi giovani antropofagi, pacifici attivisti di un movimento - tellurico - che Machado cinge in un abbraccio straordinariamente generoso. Arte totale che il film ci offre come esperienza totalizzante, animata, immersiva. E la vita su un’isola diventa mistica e terrigna al contempo, energica e riflessiva, rigenerante.
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