Regia di Louise Archambault vedi scheda film
È tutta colpa della musica, se Gabrielle incontra Martin e se ne innamora ricambiata: affetta dalla sindrome di Williams, malattia genetica che comporta un ritardo mentale e un’indole estremamente cordiale corredata da un talento canoro sorprendente, la ragazza ha l’intraducibile e rarissimo pitch perfect ma aspira soltanto a una vita normale. Certo, Ordinaire di Robert Charlebois, intonata dalla corale Les Muses composta da persone portatrici di handicap, è una dichiarazione d’intenti che rischia la didascalia, eppure il vero peccato (veniale, se paragonato al riflusso di melassa o all’ansia di denuncia della canonica opera a tema) è l’ordinarietà dello sguardo: pulitissimo, lineare e quasi asettico, fondamentalmente estraneo a una vicenda sociale ma soprattutto sentimentale, Gabrielle non cerca la commozione patetica né trova l’emozione viscerale. Pudìco registratore di luce irradiata dalla meravigliosa protagonista, persona di corroborante entusiasmo oltre il personaggio di cui porta la stessa patologia, la seconda prova di Louise Archambault non ha la sua forza e di fronte a essa può solo scansarsi e ammettersi testimone. Il documentario avrebbe ridotto il pubblico (che l’ha decretato vincitore a Locarno 2013) ma probabilmente avrebbe abbracciato la dimensione giusta. Che il film incontra nella love story classica osteggiata dal pregiudizio, rifiutando categoricamente il voyeurismo a favore di un’attrazione tenace e sorridente.
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