Regia di Fabienne Godet vedi scheda film
Il personaggio centrale del film è Antoine e la sua macchina fotografica. Antoine è un uomo non giovanissimo che vive da solo all’ultimo piano di una qualche città, sicuramente non grande, della Francia. Beve parecchio e accende una sigaretta dietro l'altra. L’unica finestra guarda su un piccolo cortile da cui si vedono le finestre di fronte. Antoine è solo, il suo unico amico è Matéo un ragazzino di scuola elementare che abita al piano di sotto insieme alla madre. Antoine si occupa spesso di Matéo e non lo tratta come un bambino ma come un amico. Antoine è un fotografo e lavora per un’agenzia, lavora saltuariamente perchè il lavoro su commissione di eventi tipo matrimoni non lo sopporta. L’agenzia fotografica ha una direttrice e si capisce che in passato tre i due c’era stato una qualche storia. Antoine è un ottimo fotografo e la macchina fotografica per lui sembra essere il mezzo non per fotografare ma per capire e avere con sè le persone. Le sue pareti sono ricoperte di foto. Una sera sente da una finestra del cortile il suono di un piano e vede una ragazza, si vedono benissimo le mani che volano con rabbia sulla tastiera e lei, una bella ragazza piena di capelli, Antoine mette il cavalletto con la macchina fotografica e un tele gigantesco (a proposito era una Nikon analogica non motorizzata) e fotografa ripetutamente la ragazza che suona il piano. Qualche sera dopo è l’ultimo dell’anno ed Antoine è solo con Matéo e la ragazza torna a casa e, dopo essersi accostata al pianoforte esce e Antoine, che la fotografava, inquadra il portone per fotografarla finalmente tutta intera. Ma la ragazza non esce e l’obiettivo la cerca finché la trova sul tetto da cui si butta nel cortile. E’ stupefacente come Antoine, come quelli che ora usano i cellulari per fare foto, abbia la freddezza di continuare a scattare gli attimi prima della caduta e anche mentre precipita. Ovviamente da questo momento le loro vite in qualche modo si intrecceranno sempre di più, insieme al piccolo Matéo. Elena, è il nome della ragazza, ha una famiglia conflittuale e lei studia archeologia subacquea e lavora in una comunità di drogati.
E’ una ragazza bella, molto determinata e diretta ma nello stesso tempo fragile e tra i due nasce, con difficoltà ma inevitabilmente, una forte amicizia che potrebbe diventare qualcosa di più. Antoine continua a fare fotografie dalla finestra e in qualunque momento quando esce con Elena. La macchina fotografica sembra essere una parte del suo corpo, come gli occhi, e con quella vede cose che altrimenti non vedrebbe e capisce Elena attraverso le foto. Alla fine tutta la parete sarà piena di centinaia di foto solo di Elena. L’unica volta che Elena sale da lui vede tutte queste foto e rimane sconvolta. Elena si laurea e va in Egitto per fare l’archeologia subacquea, Antoine rimane solo e disperato ed anche il piccolo Matéo. Elena tornerà in coma dall’Egitto per un’immersione sbagliata nella quale ha trovato una statua e, come ipnotizzata, rimane sott’acqua troppo a lungo. Elena muore e le migliaia di fotografie sono solo quelle che rimane di Elena e, in una mostra organizzata da Antoine, tutti quelli che conoscevano Elena si ritrovano.
E’ un film di qualità e il finale, così tranchant, è senz’altro meglio di un prevedibile e trito lieto fine.
Mi è molto piaciuto nel film come la macchina fotografica abbia, per Antoine, un ruolo di supplenza nel relazionarsi con gli altri. Sembra quasi che solo così riesca ad imprigionare l’essenza delle persone e le tante solitudini individuali. Solo quando alla fine assiste la ragazza, parlandole come non aveva mai fatto prima, la macchina fotografica non serve più.
E, poi per finire, da vecchio fotografo dilettante, è stato bellissimo vedere l’uso delle attrezzature delle foto in b/n e il fatto che in casa avesse una completa camera oscura. Mi ha fatto ricordare che era quello che facevo io tantissimi anni fa.
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