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In grazia di Dio

Regia di Edoardo Winspeare vedi scheda film

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La recensione su In grazia di Dio

di mck
8 stelle

LE MERAVIGLIE, ovvero: come ricomporre l'infranto.

 

 

Amu spicciatu.

 

Ti sorprende, calmo, ché altrimenti non fosse [sic], sin dal primo apparire dell'iniziale blocco di frame (frullare d'ali di rondine, frusciare di frasche d'olivo, afrore di campi fioriti e fichi d'india succogrondanti, scampanar lontano di rintocchi dai campanili, frinire di...no, il pieno pomeriggio è troppo riarso, e la spiccia calura rintana persino gli ortotteri spingendoli alla ricerca di un fresco riparo, ché ci sarà tutto il tempo del mondo per intonare il canto), “In Grazia di Dio”.

Per forza di cose, poi, un film come “Sei mai stata sulla Luna?” risulta respingente, disgustoso e rivoltante invece d'essere solo inutile ( per grazia di dio “Nostra Signora dei Turchi” di Carmelo Bene, “la Terra” di Sergio Rubini e “la Nostra Terra” di Giulio Manfredonia ribaltano il piatto, il tavolo da gioco, la partita, il campo, il Salento e l'Apulia Film Commission ). 

Sceneggiatura di Edoardo Winspeare e Alessandro Valenti (e Anna Boccadamo). Fotografia (da notti digital-manniane) : Michele D'Attanasio. Montaggio: Andrea Facchini. Musiche: Stefano Caprioli.

 

 

Di dove sei te?

Di Tricase.

Ah, e come lo chiamate a Tricase lo Sciuttieddu?

Sciuttiddu.

Ah!

 

Siccom'è un film pseudo-didattico e semi/anti-didascalico ( tra l'altro, encomiabile la scritta - nel trailer - "un film diretto da" al posto di "un film di", lezione che molti giovani registi già sepolti sotto la dicitura autoimpartitasi di ''autori'' dovrebbero imparare a colpi di bbbotte ) di tutta e sola trama in cui null'accade di cinematograficamente rilevante a parte 3 o 4 carrelli all'indietro su piano fisso e lo stacco netto, allo scoccare della mezz'ora, tra il pianto affranto in primi piani, piani medi e semi-totali dell'addio alla vecchia nuova casa e l'arrivo alla nuova vecchia masseria ripreso fluidamente volteggiante ( una scena  - che non è quella riportata nelle foto che ho inserito e nella gif che ho 'creato' dal trailer pescato su YT e dal film stesso su supporto fisico digitale, ma gli assomiglia - ch'è il controcanto e la riscossa al finale di "Materia Oscura" di M.D'Anolfi e M.Parenti ) nel silenzio del mezzogiorno in steady-camera-car fra due ali di muretti a secco a delimitare confini che un tempo avevano un significato più vivo, proprio la trama, e quella soltanto, qui vi si vuol raccontare, ché in verità questo è tanto un film di puro racconto quanto un'opera di tutti e soli attori (in cui non c'è un attore che sia uno - o quasi -, tutti eccezionali e ottimamente diretti, indirizzati, scatenati tra kinesis naturale e artifici più veri del vero nella loro straub-huilletiana "teatralità" ).

 

 

Io ti voglio bene. E...ti amo.

Lascia perdere queste parole. La mia è una cosa seria.

 

Adele (Celeste Casciaro, compagna di vita del regista), piccola fasonista del basso salentino, lì, s'una delle tante Finis Terrae del Mondo, proprio sulla punta del tacco 12 del cartier-bressoniano passo alzato in freez-frame della Gradiva che salta (sul)la pozzanghera del Mediterraneo, è costretta dai debiti usura(nt)i portati in dote - in occasione di questo divorzio dal lavoro - dagli strozzini di mestiere e di Stato (Italia, questo paese di nipoti, cognati, generi, cugini, usurai...) e dalla concorrenza più o meno sleale ed amorale (di competitori e committenti) a chiudere la fabbrica di lavorazione filati conto terzi (del nord-italia) che gestisce - pardon: gestiva - col fratello perché come filano gli immigrati cinesi (o direttamente i cinesi in Cina, nonostante le spese di spedizione) manco i cinesi (“Eh, ma questi sono proprio schiavi!”).

Reduce dalla bancarotta (in realtà la banca sta bene, così come Equitalia) e separata da tempo dal marito Crocifisso (Antonio Carluccio) che di lì a poco finirà appeso alle pareti di una cella nelle patrie galere per rimanerci un annetto buono, vede partire il fratello che, resosi e scoperto complice in un colpo organizzato alla carlona (giusto per rispettare lo stretto dialetto leccese - si, insomma: Leuca, Gallipoli, Otranto - parlato nel film) proprio dal/con l'ex-marito ed esser stato da poco scarcerato, la lascia sola e parte per la Svizzera con l'elvetica moglie germanofona e i due figli bilingui pre-adolescenti.

Rimasta sola con una figlia (Ina - Laura Licchetta, autentica figlia dell'attrice protagonista) e una sorella (Maria Concetta - Barbara De Matteis) - alle quali l'Asperger avrebbe fatto solo un regalo presentandosi a tempo debito - e una madre (Salvatrice: nomen omen - Anna Boccadamo, anche co-sceneggiatrice del film: le fonti discordano: immagino possa aver contribuito ai dialoghi) vedova che presto si risposerà con un nuovo vecchio compagno (“Oronzo non rideva mai”, ma forse approverebbe), e venduta la lattea casa di calce imbiancata di proprietà dove ha vissuto quella parte di età adulta che l'ha vista affermarsi come donna (lavoratrice, moglie, madre), si trasferisce con quel che le resta della propria schiatta genealogica in campagna nella vecchia masseria di famiglia -[ muri alzati pietra su pietra una dopo l'altra (muri portanti, muri divisori, muri dei muretti a secco che tengono gli ortaggi e gli alberi da frutto al riparo dal vento e dal sole), e, a punteggiare il paesaggio, ecco...

 

 

...il riflesso in pieno solo contro il cielo e l'ombra solida e antica di pajare e furnieddi, chipuri e casedde, i nuragheschi trulli e i megalitici dolmen che svettano mimetizzandosi tra la rugosa morfologia di groppe e alture delle serre salentine ]- che provvederà a rimettere in uso e che le permetterà di instaurare una locale micro-economia (di consistente sussistenza) basata sul baratto (un male minore, un bene comune), là dove la rincorrerà un vecchio - non più giovane (Gustavo Caputo, socio di Winspeare con la Saietta Film) - innamorato delle superiori, scapolo ma sposato ad Equitalia ed occupato a prendersi cura della vecchia madre, che riuscirà a diminuirle di un poco il debito (sul debito) degli arretrati sulle tasse (IRPEF & C., ché senza giustizia fiscale non c'è giustizia sociale) non pagati e delle multe (grazie a degli incentivi europei che l'impiegato-di-sportello non aveva conteggiato/inserito/considerato) e rateizzandoglielo (diritto che il suddetto impiegato non aveva opzionato, propalatore com'è della meccanizzazione dell'agire...al minimo).

La novella sposa fresca bis-nonna riuscirà forse a vedere riflesso negli occhi del possibile bis-nipote uno spicchio di futuro: non quel che la Gradiva si lascia alle spalle ad involversi (ovvero le macerie e le rovine morali, fisiche, comportmentali, gestionali e relazionali di un Paese), pur rimanendo immobile (nonostante le faglie della dorsale appenninica), ma ciò che scorge un laico e secolare ed incarnato in Adele Angelus Novus (di Walter Benjamin - Paul Klee), che storna lo sguardo dal passato e lo proietta verso l'avvenire: non più in timoroso ritrarsi dallo scandaloso accumulo di disastri accatastati, ma gettandolo in pasto ai propri necessari, primari, nuovi, migliori, ponderati desideri e bi-sogni.

 

http://i.makeagif.com/media/9-08-2016/4dmgR5.gif[Cliccando sulla gif si aprirà il trailer in una nuova finestra]

 

In tutta questa didascalicità e didatticità è la dialettica il vero motore di “In Grazia di Dio”: Macchina Meravigliosa che - senza ''redenzione'', o ''messianicità'' - innesca/innesta un'evoluzione [ attraverso la memoria: quella viva (la madre/nonna), e quella innata, in/ri-sorgente (i gesti, le reazioni, le mani...) ] verso il riscatto personale - prim'ancora che sociale - sfociante in un progresso di parca, peculiare de-evoluzione mosso a frenare uno sviluppo insensato e canceroso, germinando una nuova, sempiterna, atavica disciplina della terra.

Se non possiamo impegnare l'Angelo della Storia per ridisporre questo futuro già scritto, allora non c'è alcunché per cui valga veramente la pena farlo.

 

 

C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in procinto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, e le ali distese.

L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può più chiuderle.

Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine cresce davanti a lui al cielo.

Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta.

 

Walter Benjamin (1892-1940), in "Tesi di Filosofia della Storia" (postumo)

(Paul Klee →↔→ Walter Benjamin ⇔ Hannah Arendt → T.W.Adorno)

 

 

Film generato dagli stessi affioramenti geologici, mitopoietici ed antroposomatici (là etruschi, qui greco-arabi) che hanno partorito ''le Meraviglie" di Alice Rohrwacher: la stessa battaglia alla contemporaneità, per renderla migliore.     

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