Regia di Edoardo Winspeare vedi scheda film
Esplodono ancora le luci del Salento in In grazia di Dio. Quattro donne di tre generazioni diverse (madre, figlie e nipote), che devono affrontare il fallimento dell’impresa familiare e il conseguente pignoramento della casa, vanno a vivere in campagna e decidono di ripartire da zero. Il tempo sembra essersi fermato. Come in una favola aspra, che racconta la crisi economica con la durezza ma anche con gli improvvisi squarci, prima invisibili, di un’altra vita possibile. Un po’ come accadeva all’imprenditore di L’anima attesa. Il cinema di Winspeare si rimette completamente in gioco, con la sua fisicità nel far sentire addosso la terra e il cielo, il calore opprimente. Ma è anche un’opera en plein air, sorta di personalissimo e rarissimo caso di “realismo poetico” nel nostro cinema. Una dimensione familiare (la protagonista Celeste Casciaro è la moglie del regista) che crea anche una specie di inganno (un documentario?), ma porta sullo schermo con impeto le storie delle protagoniste, le loro difficoltà, i contrasti (non solo) generazionali, i sogni (la recitazione), gli amori. Con la scena del matrimonio che diventa autentica festa per gli occhi, un’onda ritmica di suoni, dialoghi, colori vivi (anche nel digitale) come in Sangue vivo. Oltre due ore, pur con le sue imperfezioni, di un cinema capace di dilatare i tempi tradizionali del racconto. E che cresce ogni giorno di più.
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