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Ro.Go.Pa.G. - Laviamoci il cervello

Regia di Roberto Rossellini, Jean-Luc Godard, Pier Paolo Pasolini, Ugo Gregoretti vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Ro.Go.Pa.G. - Laviamoci il cervello

di luisasalvi
8 stelle

Tutti diversamente ispirati al saggio di Packard, I persuasori occulti, e alle diverse reazioni di fronte ai bisogni indotti imposti dalla società dei consumi per consentire lo sviluppo industriale. Il riferimento è esplicito nell'ultimo episodio, Il pollo ruspante, di Gregoretti, che si sviluppa sullo sfondo di una conferenza letta grottescamente da un oratore privo di voce che parla attraverso un sintetizzatore per spiegare la necessità per l'industria di creare i bisogni indotti ma anche il rischio che il pubblico non si lasci incantare e che reagisca in senso opposto: così farà la famiglia tipo, travolta da esigenze consumistiche di ogni genere, auto, televisore, merce varia esposta nei self service attraverso cui bisogna passare per accedere al ristorante; ma lui, il padre (Tognazzi) il pollo lo vorrebbe ruspante, e non sa spiegare al figlio altro motivo che dire che il pollo ruspante vive felice perché è libero: un anticipo inconscio del desiderio di liberarsi dai condizionamenti occulti e tornare alla vita di prima, più difficile ma più felice e libera; la famiglia la raggiungerà rinunciando a indebitarsi per acquistare a rate un terreno edificabile; la moglie piange, anche per la rinuncia, ma si tratta di un pianto liberatore, che il marito accoglie con sollievo confessando di essere felice di vederla di nuovo piangere, come faceva spesso nei primi tempi del loro matrimonio, difficili ma felici perché liberi. Mereghetti riassume invece dicendo che la famiglia "farà una brutta fine", dimostrando come anche un episodio che per me ha il difetto di essere eccessivamente didascalico può invece essere travisato totalmente.

In Illibatezza il rifiuto dell'offerta consumistica è presupposto, ma riferito al fascino femminile: c'è ancora qualcuno che si lascia incantare dalla donna riservata e (si presume) illibata; tale è la hostess Annamaria (Schiaffino), fedele e scrupolosa fidanzata di un avvocato meridionale gelosissimo, vecchio stile, proposto in forma caricaturale ma tutto sommato positiva; un americano impregnato del nuovo consumismo, cui lavora, si innamora di lei e la perseguita, finché il fidanzato, controvoglia e su suggerimento di un amico psicologo, le consiglia di presentarsi sfacciatamente disponibile: bionda, disinvolta, con abito audace, invita il suo corteggiatore, che se ne allontana inorridito, ma che passa poi la notte ad accarezzare l'immagine cinematografica di lei filmata in precedenza, quando era l'immagine dell'illibatezza; mentre il fidanzato guarda con qualche sgomento il nuovo filmato che lei gli ha mandato, in cui si presenta sfacciata come lui stesso le ha suggerito. Un filmetto garbato, non eccezionale, ma notevole soprattutto nel finale, con il gioco dell'immagine cinematografica proiettata in parte sul corpo dell'innamorato deluso, in parte sul muro che lui si ostina ad abbracciare, dichiarando il suo amore all'immagine dei suoi sogni.

Il nuovo mondo è noioso perché troppo intellettuale, come sempre Godard; ma migliore di quanto appaia a chi lo ha frainteso radicalmente. Sopra Parigi (dichiaratamente, vistosamente e necessariamente Parigi, e non "una cittadina", come afferma Mereghetti) è scoppiata ad alta quota una bomba nucleare mentre il protagonista dormiva, innamorato e felice per aver appena saputo di essere ricambiato nel suo amore; quando si risveglia trova cambiata lei, e tutta Parigi; apparentemente è tutto uguale, ma l'amore è ormai un "ex-amore", il linguaggio è cambiato, gli appuntamenti si dimenticano per l'emergere di qualunque nuovo interesse che ti prende per la strada, e la sua innamorata può abbracciare sotto il suo sguardo uno sconosciuto, solo perché se lo trova davanti. E' evidente (o almeno dovrebbe esserlo, detto in modo fin troppo didascalico e denunciato programmaticamente dal titolo del film; ma non lo è per tutti) che la bomba esplosa è metafora del consumismo, che sta trasformando Parigi e introduce a un "nuovo mondo" in cui si perdono i sentimenti e ci si disperde nelle offerte quotidiane e continue; nel film di Godard questo emerge dai singoli, senza pressione esterna; del resto, se i persuasori sono occulti, è ovvio che non si vedano e non si riconoscano, come non si vede la bomba che esplode; se ne vedono solo le conseguenze, e le vede solo chi non ne è ancora condizionato; per il resto, tutto procede apparentemente allo stesso modo.

Ma l'episodio di gran lunga più notevole è quello di Pasolini, La ricotta; anche questo si inserisce nel contesto del consumismo e nel discorso di opposizione ad esso di tutti gli episodi; qui il consumismo è evidente negli apparati dell'ultima cena filmata in precedenza, a colori, come la crocifissione e deposizione (ispirata al Rosso Fiorentino più che al Pontormo citato da Di Giammatteo), mentre la realtà è in bianco e nero; il regista lo dice in modo esplicito (e autocritico) al giornalista venuto a intervistarlo: lui è marxista, ma il produttore è anche proprietario del giornale per cui scrive quel giornalista, cui il regista augura di morirgli davanti in quel momento, per ottenerne vantaggi pubblicitari per il film; non è più detto, ma è ovvio che la morte finale del povero Stracci, scritturato a fare il buon ladrone sulla croce, sarà accolta con la stessa soddisfazione interessata, ai fini di un consumismo cui è funzionale il film su Gesù. Stracci aveva rinunciato al suo cestino per darlo ai familiari, poi cerca in tutti i modi di ottenere qualcosa da mangiare per sé, ma gli va tutto male, finché riesce a procurarsi una abbondante ricotta, che divora famelicamente durante una pausa di lavorazione del film; tutta la troupe del film, vedendolo, gli fornisce i cibi che erano stati presentati sulla tavola per la scena dell'ultima cena, e lui divora tutto ciò che può. Poi, sulla croce, di fronte ai pezzi grossi e giornalisti e televisione venuti ad assistere alla scena conclusiva del film, la crocifissione e deposizione, non può recitare la sua battuta perché è morto. Vicenda chiaramente e ingenuamente polemica, ma adatta ad un apologo e narrata con la poesia estrosa del racconto popolare. Ottimo.

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