Regia di Andy Wachowski, Lana Wachowski vedi scheda film
La fiera dell’esagerazione.
I Wachowski non conoscono le vie di mezzo, almeno di recente, dal 1997, anno dell’uscita di quel Matrix che fece epoca e che tutt’ora viene apprezzato e riverito come pagina fondamentale della fantascienza moderna (e lo è davvero). Dal Reloaded in poi, è stata tutta una caterva di baracconate che più pretendevano più scivolano nel ridicolo. È il caso di Cloud Atlas, inutile girarci intorno, quello è stato un esperimento davvero fallito, mal funzionante, arrugginito, pretenzioso, un blockbuster completamente senz’anima, dispendio di grandi mezzi per loro e di tre ore per lo spettatore buttati a vuoto in una giostra per nulla adrenalinica fra le falde del tempo e della storia umana. Ed ora, nel 2015, arriva Jupiter, a parlarci ancora di razza umana, di destino dell’universo, di alieni umanoidi immortali, di cacciatori di taglie senza scrupoli, di reincarnazioni e di tanto quanto la fantasia logorroica dei due fratelli (ora fratello e sorella) è riuscita a infilare a forza in due ore a dire il vero serratissime, senza grossi momenti di piatta (ad essere grossi sono alcuni buchi della trama) e ricchi di sequenze d’azione che azzerano completamente il contatore dell’attenzione più perniciosa che deve seguire i dettagli della storia per offrire scenari da videogame in cui poco si capisce e poco si distingue.
I pixel si frantumano, e i Wachowski costringono l’immagine a uno sforzo immane, a memoria recente proprio solo di quel Pacific Rim sottovalutatissimo che riconsegnò dignità al genere fantascientifico. Jupiter è tutto un’esagerazione, ostentazione di ipercinetica, scintillii, schegge, sferzate improvvise, tutto in scala con la magniloquenza (intenzionale) della trama, che riduce la stirpe umana a una fonte di carburante e consegna il destino della stessa a degli uomini ben più avanzati in fatto di tecnologia e conoscenze, interessati al commercio capitalistico di tempo e di vita eterna. Quindi i sottotesti sopravvivono, coperti da action ridondante e tonitruante da poter stufare comprensibilmente lo spettatore medio, ma questi stessi sottotesti non esplodono in tre sonnolente ore di panegirici di rivoltante fattura (parliamo, ancora, di Cloud Atlas), ma si propongono così, a carte scoperte, senza invero pretese troppo fastidiose.
Dunque azzerando il cervello si finisce per preferire Jupiter, che è più cinema forse della precedente opera wachowskiana perché più avvinghiato alla brillantezza della qualità audiovisiva che alla pertinenza di certe poco oliate linee narrative. E se anche non si voglia costruire un giudizio sul nuovo film dei Wachowski solo ed esclusivamente a partire dal confronto con l’opera precedente, basti dire che le due ore di Jupiter volano, saccheggiano qua e là dall’immaginario fantasy e appiattiscono l’encefalogramma così come viene appiattito il destino stesso della razza umana, da un lato certo fragile e condannata a morte, dall’altro ricco di esponenti, nello spazio profondo, altrettanto viscidi e sgradevoli, interessati al potere prima ancora che ai rapporti di sangue, interessati all’eternità prima ancora che al bene altrui. Alieni o meno, il viscidume lo si trova dappertutto, e le spossanti adrenaliniche sequenze di inseguimento arrivano sempre al momento giusto per non inoltrare troppo lo spettatore in riflessioni di profonda portata e per allietarlo (o almeno provarci) con effetti speciali che sembrano sinceramente voler destare stupore (riuscendoci molto poco, però, a conti fatti).
La piattezza dei personaggi ormai è prerogativa delle opere di questo genere: non per questo la giustificheremo, ma non sarà lei a negarci un po’ di (in)sano divertimento. Dunque Jupiter, senza pretese, vola basso, e fa il suo lurido lavoro tanto bene quanto Mila Kunis regina dell’universo ripulisce i water dei scriccioli umani sulla Terra.
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