Regia di Andy Wachowski, Lana Wachowski vedi scheda film
L'ultima fatica dei Wachowskis, indifendibile, ascende all'ascella (non proprio salubre) della sci-fi: se ne subisce la visione - madida di richiami, riflessioni e idee di seconda, terza, quarta mano e così via senza che vi siano i necessari risciacqui e ricambi - con un misto di irritazione, noia, rassegnazione.
Un costosissimo, tronfio giocattolo evidentemente pensato per ambire a chissà quale gloria spaziale, ma che nella mesta realtà "terragna" non fa altro che frullare gli arcinoti geni del genere (anche "propri", come l'allevamento della razza umana per altri scopi): il prodotto, così ottenuto per mero accumulo e riciclo, è oltremodo indigesto. A condire il tutto, una sconsiderata dose di ridicolaggini (dal Tatum "lycatante" mezzo uomo mezzo lupo albino, che "surfa" nel vuoto con gli stivali volanti, a frasi-sentenza del tenore «le api non mentono», dai puerili sviluppi narrativi ai furbi ammiccamenti quali i cerchi nel grano), per quella che è una storia (puro pretesto, ovvio) che non coinvolge, mai, e alla quale non si crede, nemmeno per uno svogliato minuto.
Non si crede a Mila Kunis sciatta pulisci-cessi intrappolata in melmosi giorni della marmotta, non si crede al risvolto sentimentale "interrazziale" (che già c'è la differenza di ceto), non si crede al finale superbuonista (manco fossimo in una sospirosa avventura teen), non si crede alla kafkiana burocrazia aliena di "Braziliana" memoria (unico brandello di ironia, malfunzionante, assieme alle rarissime espressioni di "stupore" della cenerentola catapultata in universi impossibili), non si crede ai toni enfatici di una colonna sonora fuori contesto e fuori controllo, non si crede all'epica (che non c'è), né alle lunghe, estenuanti battaglie tra cieli digitali e fuochi d'artificio artificiosi; e a molto, molto altro ancora ...
Eppure, i celebri fratelli registi - reduci dal bistrattato Cloud Atlas (esperimento non riuscito, ma su cui avevano riversato anima e candida attitudine) - tanto esigono, dallo spettatore. Dal sorbirsi un raccontino ultra-derivativo (oltre che pasticciato) buttato lì senza un briciolo di originalità e con personaggi senza spessore alcuno (trio di villain inclusi, col solo malcapitato Eddie Redmayne che ci prova), al subire il rigoglio estetico che è così pieno, ipersaturo, ostentato, che logora e sfianca: gli effetti speciali sono ricchi (basta vedere il budget) ma non arricchiscono l'immaginario collettivo, non "sconvolgono" affatto (in sintesi, nulla di memorabile, sebbene la disponibilità di mezzi si nota eccome).
Ma, soprattutto, tocca assistere all'ennesima lezioncina di morali e metafore varie; all'ambizioso, presuntuoso tentativo - ancora una volta - di racchiudere il senso (i sensi) della vita in concetti filosofici già sentiti mille altre volte. Una mega-montagna che partorisce il classico sorcio: dalla "multitasking" reincarnazione alla lotta di potere, dall'immancabile «non siamo soli nell'universo», al geniale pensiero che - hey! - «il tempo è il bene più prezioso dell'universo». Un universo di banalità.
Ancor più imperdonabile è - malgrado i primi piani sui grandi occhi eterocromatici, e gli sfarzosi abiti "regali" - l'aver reso quasi sterile, sostanzialmente innocua, la naturale, universale sensualità di Mila Kunis.
Decisamente Jupiter Ascending non è nato sotto una buona stella ...
Nota personale. Il personaggio che Mila Kunis si interpreta si chiama Jupiter Jones (d'accordo il riferimento "cosmico" legato al nome, il grande pianeta ... ma perché Jones ???). Proprio come il mitico protagonista della serie di libri I tre investigatori, nata negli anni sessanta e "presentata" da Alfred Hitchcock (addirittura personaggio in più storie!), ed edita in Italia da Mondadori. Ebbene, l'originale Jupiter Jones era adolescente, maschio, geniale, goffo, paffuto ... Altri ascendenti, evidentemente ...
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