Regia di Bryan Singer vedi scheda film
Brian Singer si riappropria della sua creatura, ovvero del fumetto Marvel che più lo ha appassionato e al quale si è dedicato in occasione delle due prime trasposizioni della serie. Non che in precedenza fosse molto distante dai seguiti e reebot che la serie ha generato, con esiti più o meno interessanti.
E inizia piuttosto bene questo ultimo Xmen, mostrandoci un futuro da apocalisse che più nero e mortifero non si potrebbe; presentandoci dei giganti dalle potenzialità micidiali che sembrano dapprima soccombere alle volitive doti dei celebri mutanti, per poi acquisirne le caratteristiche e sbaragliarli definitivamente eliminandoli. Per fortuna una ragazza degli Xmen (la”bimba forever” Ellen Page”) è in grado di viaggiare avanti ed indietro nel tempo e, vedendo cosa spetta agli eroi sopraffatti da una civiltà maligna che piega sia umani sia mutanti in un destino apocalittico di morte e distruzione (pare essere dalle parti di Terminator, ma laggiù l'emozione era ben altra cosa, e di ben altra genuinità), convince il professor Xavier a inviare l'individuo più resistente fra loro in grado di poter superare la barriera del tempo e catapultarlo nel lontano 1973, epoca del presidente Nixon, in cui ebbe inizio il processo scientifico (per opera di un brillante ma sinistro scienziato affetto da nanismo) che porterà nel futuro alla catastrofe per l'intero pianeta.
Lo stratagemma temporale, non certo nuovo nel cinema, figurarsi in un blockbuster di questo tipo, ma in genere affascinante e suggestivo, rende invero qui tutto molto prolisso e fiacco il percorso narrativo, e se tutto ciò costituisce l'occasione per riunire giovani e vecchi Xmen e gli attori (quasi tutte stelle del firmamento hollywoodiano) che si sono avvicendati ad impersonare i vari eroi, e di apprezzare almeno tra tutti la prova di un tenebroso e combattuto Fassbender, cattivo dentro ma non così tanto da non capire che la posta in gioco è ben più pericolosa, e di una sempre procace e sexy Jennifer Laurence squamata e blu ma ugualmente splendida, per gli altri interpreti invece, piuttosto incolori e senza particolari guizzi (vedi Jackman, McAvoy, Stewart e uno stanchissimo ed assorto McEllen, questo film traspare per quello che in effetti è per loro: una tappa obbligata (seppur decisamente lucrativa) di un percorso cadenzato da contratti che li vincolano a tener fede a certe produzioni senza potersi rifiutare per inseguire ben altri e più stimolanti progetti che certamente non mancheranno a molto di loro.
E' la dura (?) legge hollywoodiana che colpisce le star. Quanto a Brian Singer, autore di talento indiscusso che apprezzo sin dagli esordi, aspetto sempre il film della conferma, non fosse che ogni volta lo stesso cineasta pare sempre e solo coinvolto in progetti che gli assicurano certo una vecchiaia dorata, ma che cominciano a incementarsi addosso come macigni sempre più pesanti che gli impediscono di volare alto. E' un po' quello che è successo anche al grande Sam Raimi, per oltre dieci anni impegnato a “sprecarsi” con la trilogia di Spiderman ultramilionario, magari anche ben fatta, ma pur sempre baluardo di un intrattenimento puro ben distante dalle reali potenzialità artistiche dell'autore (il quale tra l'altro, dopo un piccolo gioiello horror come Drag me to hell è ricaduto nella scialba routine da blockbuster hollywoodiano col banalotto seguito tardivo di Oz).
Insomma questo Xmen sarebbe un mega filmone passabile e dignitoso rispetto a molti altri Marvel-movies che ormai ogni settimana ormai ci martellano ed egemonizzano le sale a scapito dei piccoli, sempre più invisibili; ma è in termini assoluti soprattutto un film deludente e prolisso, sin stanco e di pura routine in capo a quello che voglio considerare ancora un autore: Brian Singer.
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