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L'amore in valigia

Regia di David E. Talbert vedi scheda film

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La recensione su L'amore in valigia

di Immorale
3 stelle

D.

 

R:   probabilmente non avrei mai guardato questo film di mia spontanea volontà, le commedie sentimentali degli anni 2000 le vedo come fumo negli occhi; diciamo che il peggior film di Woody Allen dello stesso periodo li supererebbe di varie lunghezze. O forse no, ma per questo non ne guardo molte, l’ultima è stata “Wimbledon” di Richard Locraine del 2004, tra l’altro niente male, ma la considero la classica eccezione che conferma la regola.

 

D.

 

R:   è andata cosi: la professoressa di inglese, ieri, era più scazzata del solito. Gli capita spesso, la capisco, avere a che fare con alunni anagraficamente-adulti-ma-spesso- non-cerebralmente per le massacranti ore di turni di lezioni giornaliere tenuti in differenti città, sfiancherebbe anche docenti più motivati. Quindi, “Today a comedy is going to be watched, for your pleasure”, ci disse con sorriso motivazionale d’ordinanza.

 

D.

 

R:   in una lezione precedente guardammo “Troy” di Wolfgang Petersen, questa volta la sua prima scelta sarebbe stata “Il diavolo veste Prada” di David Frankel ma purtroppo il computer destinato alla riproduzione del disco si rifiutava, con tipica inattaccabile logica basic(a), di prenderlo in considerazione. Seconda scelta, quindi, “Baggage Claim” traducibile con “ritiro bagagli” ma italianamente modificato in “L’amore in valigia”.

 

D.

 

R:   la maggiorparte della classe la guardò con sguardo àttonito, mentre io guardavo loro cercando di individuarne i gusti cinematografici. Responso: A., praticamente una continuazione del suo smartphone, cinepanettoni; B., continuamente arrapato, idem; C., più serioso, non saprei; D., Doorsiano DOC, thriller e azione; E., motociclista, blockbuster e tutta la serie di “Fast & Furious; F., amante ed esperto di tecnologia, documentari e tutti i film di Carlo Verdone; G., napoletano verace, Totò e qualunque cosa gli passi il convento, me stesso, non l’ho ancora capito.

 

D.

 

R:   no, nessuno si è addormentato durante la visione, alcuni si annoiavano, altri si divertivano e io cercavo di trovare una ragione d’interesse alla visione tra le incerte ombre proiettate sulla parete dal proiettore, mentre mi veniva in mente, chissà perché, David Foster Wallace. La storia, le ambasce amorose di una procace hostess alla ricerca del vero amore, non offriva alcuna sorpresa: battute risapute, sviluppi narrativi scontati, verve da puntata di “Desperate Housewives”, senza averne la seppur blanda perfidia, e un proliferare di “Oh My God !”, strabuzzamenti di occhi e canzoncine pop-soul da far venire l’orchite ai meno avvezzi.

 

D.

 

R:   per fortuna la durata di poco più di un’ora e mezza ha salvato la classe dal tracollo emotivo; al termine della classica moralina finale, posso dire: consigliabile al solo pubblico voglioso di vedere un nutrito gruppo di attori (sia di sesso femminile che maschile) “fisicamente” impeccabili e agli estremisti della commedia zuccherosa. Per tutti gli altri vale la chiosa del doorsiano proferita con forte accento romano: “me so innamorato, me la sposo io”, e la mia: “Paula Patton che avrebbe difficoltà a trovare marito ? COME ON !!! ”.    

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