Regia di Matt Reeves vedi scheda film
Come già prospettato dall'epilogo del precedente capitolo, il cosidetto “Virus delle scimmie” si è diffuso velocemente nel mondo risultando letale per l'essere umano.
Dopo dieci anni dalla sua diffusione, la maggior parte del genere umano è stato spazzato via dal virus e ciò che ne rimane si riunisce in piccole comunità cercando di ri-organizzarsi nelle città nel disperato tentativo di soppravvivere, come ad esempio a San Francisco dove si cerca di riattivare la vechia diga ferma da anni per riottenere l'elettricità.
Ed è qui che questo avamposto di umani si scontra con le scimmie che occupano quel territorio, quelle guidate da Cesare e rese più intelligenti dal farmaco sperimentale contro l'alzheimer.
Lo scontro sarà inevitabile.
Sequel del sorprendente L'alba del pianeta delle scimmie del 2011 di Rupert Wyatt, primo capitolo del remake della famosa saga degli anni '70, questa volta invece ad opera di Matt Reeves (Cloverfield e il prossimoThe Batman per la Warner/DC) e, com'era pronosticabile, è un film completamente diverso rispetto al suo predecessore, trattandosi principalmente di una storia post-apocalittica e conseguentemente una lotta per la sopravvivenza tra opposte fazioni, quella degli umani e quella delle scimmie, rendendo quindi impossibile un vero confronto tra le due opere.
In questo caso è molto più evidente la deriva fantascientica e catastrofistica delle opere originali e che, inevitabilmente, impongono situazioni ed eventi più banali e scontati rispetto alla prima pellicola, che giovava al contrario di una storia più fresca e di una maggiore libertà narrativa, trattando una nuova variante, più moderna, alle origini fin troppo datate della saga degli anni '70.
Anche la stessa regia di Reeves rende evidente questo forte distacco, non solo narrativo ma quindi anche registico e soprattutto visivo (splendida la scena della battaglia in notturna tra uomini e scimmie) ripetto al precedente episodio ma si riesce comunque a rimanere su un ottimo livelo qualitativo e la storia non scade eccessivamente risultanto quindi il tutto abbastanza omogeneo con il film precedente.
Ottima l'impianto tecnico e scenografico della pellicola, ottimo, come già precedentemente nel primo capitolo, il lavoro svolto nel rendere ralistico Cesare (sempre dell'ottimo Andy Serkis) e le altre scimmie, rese in modo veramente impressionanti, e un altro punto a favore del film è la maestosa fotografia curata da Michael Seresin, che regala scenari di un futuro post-apocalittico a dir poco spettacolari e non sempre scontati.
Sceneggiatura abbastanza ordinaria, ma riesce comunque a dare seguito allo sviluppo psicologico e “ambientale” dei due gruppi, soprattutto della nuova specie dominante sul pianeta, grazie alla lungha sequenza iniziale che ha lo scopo di rivelalare l'evoluzione, graduale ma costante, della società delle scimmie specie rispetto a quella involutiva degli uomini o le più semplici logiche della sopravvivenza (solo e unico vero “fine” di qualunque specie).
Ecco, forse uno dei difetti del film e di aver dato poco peso e importanza allo sviluppo emotivo e sociale proprio dei sopravvissuti al virus, raccontando la storia principalmente dal punto di viste delle scimmie, anche giustamente, per carità, ma rischiando di non riuscire a creare la giusta immedesimazione con lo spettatore, magari impreparato a legare il proprio punto di vista con quello, comunque innaturale o “alieno”, di una scimmia.
Se invece la storia fosse stata sempre nell'ottica delle scimmie ma “filtrate” attraverso lo sguardo di uno dei protagonisti umani (del leader “buono”, ad esempio, o meglio ancora del figlio) forse si sarebbe riusciti a creare un maggior coinvolgimento emotivo da parte del pubblico, riuscendo magari anche ad accentuarne ulteriormente le similitudini (e le differenze) attraverso il confronto, culturale ed emotivo, tra le due specie in conflitto, ma consentendo allo spettatore di accedervi attraverso un punto di vista più congeniale (o facile).
VOTO: 7
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