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Apes Revolution: Il pianeta delle scimmie

Regia di Matt Reeves vedi scheda film

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La recensione su Apes Revolution: Il pianeta delle scimmie

di barabbovich
6 stelle

Il sequel del prequel de Il pianeta delle scimmie si colloca, per chi non avesse visto né il film del 1968 né quello del 2011, al secondo posto, fermo restando che è chiaro che è già in preparazione un quarto episodio che si collocherà al terzo posto in ordine cronologico (il quarto spetta a quello iniziale).
Avevamo lasciato gli umani con un bel grattacapo: gli esperimenti condotti sulle scimmie per combattere l'Alzheimer avevano reso i nostri cugini primati talmente intelligenti da permettere loro di uscire dai laboratori, acquisire il linguaggio e organizzarsi. Al tempo stesso, un vaccino creato in laboratorio e saltato dalla scimmia all'uomo aveva sterminato la genia umana, riducendola a pochi individui. I quali si lasciano guidare da Dreyfus (Oldman) e hanno coma unica risorsa energetica possibile il ripristino di una centrale idroelettrica abbandonata e collocata nella zona della foresta dove le scimmie hanno il loro quartier generale. L'operazione genera un disastro: parte un colpo di fucile, una scimmia muore e, nonostante le migliori intenzioni di Cesare, il capo pacifista dei bipedi pelosi, si scatena una guerra tra scimmie e umani che finirà in una carneficina.
Rispetto all'episodio precedente il film, passato dalle mani di Rupert Wyatt a quelle di Matt Reeves (ricorderete il suo Cloverfeld), ha dalla sua una maggior spettacolarità (stamo parlando di un blockbuster da 170 milioni di dollari) e un'incredibile creatività scenografica. Ma è il contenuto a non essere affatto all'altezza del film che lo ha preceduto: la simmetria tra i due cattivi (Dreyfus dal lato umano, il cospiratore Kuma, succeduto a Cesare dopo un tentato omicidio, dall'altro) è troppo schematica, l'idea dell'innatismo del male è scodellata in maniera decisamente rozza e per quanto si possa condividere il messaggio pacifista e antixenofobo, l'insieme sembra confezionato a un livello piuttosto elementare, come se il vero scopo del film fosse quello di dare fondo all'estasi creativa di chi ha lavorato sulla motion capture, come da tempo sta avvenendo nel cinema d'animazione, genere cinematografico che sembra avere dimenticato la centralità delle storie.

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