Regia di David Cronenberg vedi scheda film
Sarà l'età ma c'è che Cronenberg ha rinunciato in qualche modo a fare cinema così come l'ha sempre fatto. Il suo stile, la sua personalità, sono in qualche modo sempre presenti ma non c'è più il tentativo di convincere lo spettatore. E' un cinema fatto per se stesso, non finalizzato ad un racconto, ad una scommessa col pubblico ma soltanto ad una celebrazione. Un mezzo passo indietro rispetto all'astratto Cosmopolis, qui una trama c'è seppur poco convincente ma per certi versi la stonatura appare anche più evidente proprio per questo motivo e la sceneggiatura scricchiola. Poco male però, come detto lo scopo non è raccontare qualcosa ma qualcuno, ovvero lo stesso Cronenberg. Il personaggio cardine è decisamente Julianne Moore la cui ossessione per il successo si intreccia perfettamente con la paura della morte, della sua presenza-assenza incarnata dal fantasma della madre. La sua vita è vuota, finalizzata solo a non morire artisticamente perché lo stesso equivarrebbe ad una morte reale. E' lei che offre l'immagine più spiazzante, quando comincia a esultare per la morte del piccolo figlio dell'attrice che le aveva soffiato il posto sulla scena. Non c'è nulla di cui stupirsi, quel bimbo le ha ridato la vita, la sua morte non è stata causata da lei ma a lei ha portato una nuova possibilità sul proscenio, è come trovarsi insperatamente l'organo del trapianto sul tavolo operatorio. Tutti i personaggi sono in qualche modo vittima del loro passato, per molti lo stesso viene rappresentato da visioni oniriche, incubi dall'aspetto reale che li tormentano fino a portarli a gesti estremi: Cronenberg. Sembra di vederlo, ossessionato dalla morte, in simbiosi con i suoi fantasmi ed allo stesso tempo in conflitto con essi. Difficile valutare questo film, per certi versi è insignificante ed inconcludente, non necessario decisamente. Eppure Cronenberg è una parte significativa del cinema moderno e dunque è esso stesso in qualche modo il cinema. Come Gran Torino per Eastwood, Maps to the Stars rappresenta in qualche modo il film testamento del regista canadese e dunque mi sento di consigliare questa pellicola a chi ama il personaggio o comunque ritiene di doverne avere una conoscenza artistica completa.
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