Espandi menu
cerca
Maps to the Stars

Regia di David Cronenberg vedi scheda film

Recensioni

L'autore

ed wood

ed wood

Iscritto dal 6 dicembre 2002 Vai al suo profilo
  • Seguaci 169
  • Post 2
  • Recensioni 1343
  • Playlist 9
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi
Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Maps to the Stars

di ed wood
5 stelle

Delude l’ultima fatica di Cronenberg. Un piccolo passo avanti rispetto a “Cosmopolis”, ma non è sufficiente a salvare il film. Pare che il regista canadese non abbia nemmeno lui ben chiaro cosa cerchi e cosa voglia da questo suo ennesimo nuovo corso. La sua carriera è stata, negli scorsi decenni, fra le più brillanti, tanto da renderlo uno dei giganti del cinema contemporaneo. Ha saputo cambiare pelle per spostare sempre più in avanti la soglia di un discorso che, con tutte le variabili del caso, verte attorno al concetto di post-umanesimo. Di questo, attraverso la parola chiave “mutazione” (prima dei corpi, poi di pensieri ed emozioni), parlavano i suoi film, siano gli horror “biologici” della prima ora, sia gli psicodrammi dell’età matura. Da un decennio a questa parte, Cronenberg ha spostato l’obiettivo della sua trattazione verso una astrazione sempre più sfuggente ed inafferrabile. E ha ottenuto risultati notevoli con “History of violence” e “Eastern promises”, ambigui e stratificati balletti di identità indefinibili. Con gli anni 10 pare voler rendere ancor più teorico il suo discorso, approfondendo la componente sociologica: due anni fa, la finanza drogata di “Cosmopolis”; ora la Hollywood aberrante del nostro evo. “Cosmopolis” fu un buco nell’acqua, così schiavo del testo di DeLillo e di una limousine eletta ad allegoria di una parabola economico-tencologica avara di significati, di immagini, di cinema. “Maps to the stars” invece desta interesse per l’intreccio ingegnoso di (non-)vite che si fanno eco l’una con l’altra: presente e passato si annullano, così come le specifiche identità dei personaggi. Le parole, gli episodi, i gesti (e di riflesso, in maniera fin troppo sottolineata, le inquadrature della mdp) si riciclano in un loop asfissiante, palleggiandosi e rispecchiandosi fra personaggi che compongono un desolante catalogo di disumanità. Non c’è differenza fra persone mature e giovani (le prime sono ancora piacenti come ragazze e capricciose come bambine; i secondi sono smaliziati, cinici e tossici come gli adulti), fra amanti e fratelli, realtà e immaginazione/ricordo/sogno, carne viva e fantasmi. La ricorsività della messinscena si riallaccia al grandissimo “Crash”, che resta uno dei film fondamentali del canadese, ma anche a recenti loop cinematografici tanto diversi fra di loro come “Holy Motors”, “Spring Breakers,” The Canyons”, grotteschi balletti di fantasmi di un immaginario terminale. Quello che si è detto del film di Schrader (ossia la fine del cinema, del personaggio, delle storie etc…) andrebbe semmai attribuito a “Maps to the stars”. Il problema però è che Cronenberg, pur col suo gelido distacco capace di evitare ogni compiacimento, pare voler accettare passivamente questa fine, senza voler davvero proporre un valore alternativo. Causa ed effetto di questo approccio sono dialoghi francamente futili e tediosi, tirati per le lunghe, intere scene che difettano di brillantezza, puramente meccaniche. E abbondano anche i momenti in cui viene pacatamente illustrata la decadenza di un mondo dello spettacolo dove il successo è un valore così importante da cancellare qualsiasi scrupolo di coscienza: tutte cose già viste ovviamente, condite da abiezioni intollerabili come cagnolini ammazzati, bimbi strangolati e donne che esultano per l’affogamento di un bambino (una scena davvero disturbante, tanto che di lì a poco è un sollievo vedere Julianne Moore, bravissima come al solito, massacrata a sangue con una statuetta-premio!). Il ritratto corrosivo, per quanto impotente, di questi rifiuti umani non è privo di momenti di efficacia (sempre la Moore, seduta sul cesso a scorengiare, privata in un attimo di tutto il suo sex appeal), ma resta comunque inerte, fine a se stesso, non permettendo agli alti spunti tematici di integrarsi in modo fertile. Appurato che i fantasmi di una persona posso perseguitare anche gli altri e definito l’universo-Hollywood come una galleria degli orrori che sarebbe bello fosse spazzata via dalla faccia della Terra, cosa rimane, ad esempio, del personaggio di Agatha? Dei traumi infantili? Della psicoanalisi? Della piromania? Dell’incesto? Del taxista aspirante attore? E la celebrazione finale, che cerchio va a chiudere (o ad aprire)? Insomma, di carne al fuoco ce n’è parecchia, ma si fa fatica a trovare un pezzo che sia ben cotto. E’ difficile trovare almeno una chiave interpretativa che impedisca al film di brancolare nella nebbia di una poetica, quella di Cronenberg, che se nei decenni scorsi pareva lucida, ora si è fatta opaca, smarrita nel caos di un cinema troppo debole, troppo fragile per potersi porre con autorevolezza fra quelli ancora in grado di rappresentare con forza i turbamenti dell’epoca in cui viviamo.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Ultimi commenti

  1. Carica precedenti
  2. myHusky
    di myHusky

    Ottima recensione! Lo andrò a vedere nel fine settimana anche io, ma non mi aspetto niente. Ho sempre avuto un problema con il cinema di Cronenberg, purtroppo. Non sono mai riuscito a trovare un suo film che riuscisse a colpirmi davvero. "Cosmopolis" l'ho trovato un film appena sufficiente, e le recensioni online di questo "Maps to the Stars" non mi fanno molto sperare. Staremo a vedere. Ancora complimenti per la tua recensione, un saluto!

    1. ed wood
      di ed wood

      ti ringrazio...per quanto mi riguarda, considero DC un autore fondamentale e ogni suo film va visto senz'altro...nonostante questo ci sono alcuni suoi film che non mi dicono proprio niente, tipo questo, Cosmopolis, Naked Lunch...inoltre persino Inseparabili mi ha sempre lasciato un po' freddino, pensa un po'! :-)

  3. EightAndHalf
    di EightAndHalf

    La pensiamo completamente in modo diverso sul novello Cronenberg. Osa, strabuzza gli occhi, è narratore di Apocalissi. Sfida il ridicolo, gioca con l'assurdo, si compiace dell'ambiguità. Il suo film è volutamente irrisolto, volutamente risaputo. Non mi è stato così facile liquidarlo, ma penso sia questione di sensibilità. E pensare che anche a me 'Dead Ringers' mi lasciò un po' freddino..come 'Scanners'. Per il resto, Cronenberg è un dio sulla Terra. Ciao!

    1. ed wood
      di ed wood

      ciao 8,5...mah, io credo che anche nei suoi momenti migliori, in passato, Cronenberg facesse quelle cose ("Osa, strabuzza gli occhi, è narratore di Apocalissi. Sfida il ridicolo, gioca con l'assurdo..."), solo che le faceva meglio, con maggiore lucidità e soprattutto con cognizione di causa, chiarezza tematica...è vero che si è sempre rimesso in discussione, film dopo film, ma proseguendo comunque sulla linea di un percorso dedicato al grande tema della mutazione, dell'ibridazione transorganica, del post-umanesimo, del conflitto mente/materia etc...con gli ultimi 2 film, ha decisamente perso la bussola, a mio parere...poi il discorso del "volutamente irrisolto, volutamente risaputo" mi convince poco: vale per certi autori, per certe poetiche...spesso ci si trova a giustificare lampanti pecche di regia o di sceneggiatura, segno di scarsa ispirazione o crisi di idee, con la scusa del cinema impuro, aperto, imperfetto, che non ha paura di sporcarsi le mani etc...tutti discorsi che non possono valere per qualsiasi opera che appaia come irrisolta...anche Crash era volutamente "irrisolto e risaputo", ma quello era anche un film lucido e ispirato, dove il messaggio cronenberghiano arrivava allo spettatore con forza devastante...grazie del passaggio, a presto! :-)

    2. maurri 63
      di maurri 63

      Per carità, Eight! Rispetto massimo per il tuo pensiero, ma penso sia la giovane età a dettarne l'entusiasmo. Chi, e penso che Ed sia tra questi, come me ha assistito alla "fioritura" di Cronenberg, sa bene che stiamo parlando di un "bollito". E non è un insulto: come egli stesso ammette, "dopo eXistenz", dovevo completare molti pagamenti per gli attori e i tecnici che vi avevano lavorato. I tempi stavano cambiando, il genere cominciava a stringersi. Perciò, l'offerta di Hollywood veniva in mio aiuto. Qualche volta sono andato fuori tema, qualche altra meno. Ma è difficile sottrarsi al controllo degli studios, anche se fai di cognome Cronenberg". E' dunque, egli stesso a confessarlo: il suo cinema è più vacuo, artificioso, meno impegnato che prima. D'altra parte, solo qui trovo buone opinioni su "La promessa dell'assassino", che, a mio parere, fosse stata diretto da un altro, avrebbe ottenuto lo stesso risultato, mentre, onestamente, "A dangerous method", "Cosmopolis", "Maps to the stars", mi paiono francamente indifendibili. A meno di non voler passare per stoici. Un caro saluto, Mauriz

    3. EightAndHalf
      di EightAndHalf

      Certo io non c'ero durante la fioritura di Cronenberg, ma i suoi film li ho visti tutti, e ho sempre cercato di affrontare tutto quello che mi mancava. Forse piace alla giovane età perché Cronenberg ha avuto il pregio di evolvere piuttosto che restare com'era? Ciao!

    4. ed wood
      di ed wood

      maurri, in realtà sono "relativamente" giovane anche io (nel senso che quando mi sono accostato al cinema serio, in adolescenza, Cronenberg aveva già realizzato i suoi "classici")...in ogni caso, credo che "spider / history / promises" sia un trittico eccezionale, dove DC riesce ad adattare la sua visione del mondo agli stilemi dei "generi" (anche se effettivamente è facile scambiare Eastern Promises per un ottimo thriller e niente più)...e anche Dangerous mi è parsa una riuscita e stimolante incursione della psicanalisi pura...sono invece gli ultimi 2 film che mi hanno lasciato freddo e annoiato...vero comunque, in generale, il discorso della difficoltà, anche per gli autori affermati, di imporre oggi la propria poetica in una Hollywood sempre meno aperta alla sperimentazione...un caro saluto!

  4. amandagriss
    di amandagriss

    ciao ed wood, come dice @maurri, ma prendendo il caso specifico di Maps..., avrebbe poututo farlo chiunque, Cronenberg è un autore unico e i suoi film sono unici; come sostieni a ragione, qui non c'è "lucidità di sguardo e cognizione di causa", sembra che i cardini della sua poetica mutante siano stati appiccicati al film in maniera molto forzata e giusto per farlo comparire un'opera dell'autore canadese, per quanto abbia evoluto il suo pensiero e il suo stile, sperimentato altri generi che non fossero l'horror, che io ritengo comunque gli stesse stretto, ha sempre mantenuto una "propria chiarezza tematica" che qui appare confusa, torbida, pasticciata. A me Cosmopolis è piaciuto molto, ci ho visto tutto Cronenberg nella sua inarrestabile evoluzione che ha portato avanti da quando ha smesso di essere così 'esplicito' e visionario pur rimanendo esplicito e visionario internamente, lui stesso è il virus che si adatta all'ospite-genere fiimico che invade mimetizzandosi perfettamente eppure rendendosi visibile e riconoscibile, con Maps to the stars questo non è avvenuto.... complimenti ed wood per il tuo scritto, l'avevo letto la notte stessa che lo hai postato, poi problemi di natura tecnica mi hanno un pò scombussolata, spero che ora vada tutto apposto, ciao :)

    1. ed wood
      di ed wood

      grazie cara amanda, condivido tutto quello che hai scritto (a parte il giudizio su Cosmopolis, che per me è negativo)...mi piace soprattutto questa cosa qua: "lui stesso è il virus che si adatta all'ospite-genere fiimico che invade mimetizzandosi perfettamente eppure rendendosi visibile e riconoscibile"...una brillante metafora di Cronenberg e del suo cinema, che mi sento di sottoscrivere...ciao!

    2. amandagriss
      di amandagriss

      :)

  5. leporello
    di leporello

    Analisi perfetta, sottoscrivo in toto.

    1. ed wood
      di ed wood

      thanks! ;-)

  6. deepsurfing
    di deepsurfing

    Perfetta la tua analisi critica, Ed. E condivido il fatto che il film abbia messo troppa carne al fuoco. Comunque, una "chiave interpretativa", credo di averla trovata. E potrebbe compensare la tua pars destruens. Per il finale, che rimane il punto più ambiguo e irrisolto, ne propongo addirittura due… Ma ho il sospetto che né Cronenberg né Wagner abbiano lavorato bene su quel finale.

    1. ed wood
      di ed wood

      grazie deep, intanto sono andato a leggermi finalmente la tua rece...interpretazione interessante la tua...c'è da dire che Cronenberg è stato bravo a mascherare la componente tragica e anche quella freud/junghiana...fin troppo! :-) E' talmente opaca, confusa, sciatta la regia di questo film (specie se paragonata alla lucidità delle sue opere maggiori) che fatico ad isolare, da tutta questa sbobba, precisi riferimenti alla tragedia greca o ad altre mitologie! un po' ti invidio per essere riuscito a trovare un filo conduttore a questo casino! ciao, a presto! :-)

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati