Regia di Ettore Scola vedi scheda film
Ettore Scola è tornato al cinema dieci anni dopo il non riuscito GENTE DI ROMA - coadiuvato dai nipoti attori (Giacomo e Tommaso Lazotti) e dalle figlie Paola e Silvia (per la legge secondo cui il cinema italiano è una grande famiglia) - per rendere omaggio all’amico Fellini. Un narratore sul campo o meglio sul set (che ricorda l’avvocato di AMARCORD) racconta il film nel film: il giovane Fellini approda alla redazione del Marc’Aurelio, rivista umoristica che comprende nella sua variegata redazione Steno, Metz, Marchesi e Ruggero Maccari. Con precisione si descrivono le riunioni creative, una rubrica felliniana messa per immagini, la visita di Ettore Muti (Emanuele Salce), una scena di AMARCORD e la sua lavorazione con Fellini gran direttore d’attori. “Se non ricorda le battute dica pure i numeri”. L’amicizia con Maccari va al di là della frequentazione per il giornale, si allarga alle riviste di avanspettacolo e a qualche film comico. Terminata la guerra, l’attività del Marc’Aurelio riprende e se Fellini collabora con Rossellini, è il sedicenne Scola a fare il suo ingresso nella fucina di talenti. Metz e Marchesi sono gli sceneggiatori principi dei maggiori comici dell’epoca e assumono come negri (autori non accreditati) Scola, Age & Scarpelli facendosi le ossa per la futura commedia all’italiana. Scola in particolare farà coppia con Maccari fino agli anni sessanta. Del privato di Fellini si ricordano il vagabondare notturno alla guida della macchina “sequestrando” amici e non, ed ecco salire su una mercedes una prostituta che racconta la propria vita (Antonella Attili) e un madonnaro (Sergio Rubini) parlare della pittura come terza tra le arti a dispetto del cinema solo settima. Nell’auto ci sono sosia di Scola e Fellini in età matura e ritratti in ombra, uno con la voce sua e l’altro di un doppiatore a cui si alternano vecchi interventi di Fellini sugli argomenti tirati in ballo dai due passeggeri. Momenti che da un punto di vista tecnico francamente stonano. Si ricorda il cameo dell’autore de LA DOLCE VITA in C’ERAVAMO TANTO AMATI e la precedenza unica esperienza attoriale nell’episodio L’AMORE di Rossellini. Il rapporto fraterno con un attore amato e che si divise equamente con entrambi, Marcello Mastroianni. Sul finire un sosia del maestro di Rimini fugge dai suoi funerali per rifugiarsi in una giostra di Cinecittà e mettere in scena un montaggio di quasi tutti i suoi capolavori. Il lavoro di Scola non convince, ha una buona prima parte: quella ricostruttiva del citato e glorioso Marc’Aurelio e una seconda forzata, faticosa da seguire, salvata da spezzoni di film, provini curiosi a Sordi, Tognazzi e Gassman per il Casanova. La Roma di cartone e fittizia che si vede sullo sfondo è la cartina di tornasole di un’operazione apprezzabile da un lato nel ricordo di un grande genio, dall’altra fiacca e senza mordente né originalità, ché non aggiunge nulla a ciò che abbiamo già visto e letto (aneddoti compresi) su “Che strano chiamarsi FEDERICO”.
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