Regia di Luchino Visconti vedi scheda film
C’è una maledizione che colpisce chi parte per inseguire una speranza lontano dalla terra natia: è l’impossibilità di riconoscersi in una fortuna “straniera” e di fare proprie le opportunità offerte da un mondo che non si è in grado di capire fino in fondo. Così le occasioni che la diffidenza impedisce di far maturare in felicità, degenerano in disgrazie, altrettanto nuove, ignote e quindi ingovernabili. Simone Parondi, un giovane lucano immigrato a Milano insieme alla madre e quattro fratelli, ha il successo a portata di mano, e potrebbe diventare un grande pugile: invece, alla prima sconfitta si ritira e finisce per perdersi. I suoi fratelli si adegueranno alla vita cittadina del nord in diversa misura, e questa differenza li dividerà, creando attriti e incomprensioni. Il (neo)realismo, solitamente, riprende dal naturalismo l’impegno a dipingere l’uomo nel suo ambiente naturale, che è origine e cassa di risonanza delle sue azioni istintive. In questo film, per contro, Visconti applica tale registro narrativo per ritrarre gli individui alle prese con un contesto estraneo, che conferisce ad ogni loro desiderio, timore, problema il carattere del dramma sociologico, del conflitto tra il singolo ed un universo umano in cui non è in grado di inserirsi. Rocco e i suoi fratelli è una saga familiare dell’emarginazione, in cui la lotta per la sopravvivenza è la primitiva sostanza della quotidianità, ed è la base di ogni eroismo ed ogni vigliaccheria.
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