Regia di Luchino Visconti vedi scheda film
Nostalgica parabola sull'immigrazione, sull'importanza delle proprie radici ed il peso e lo spaesamento dell'alienazione geografica. Rocco e i fratelli sono pedine di una società in evoluzione, scontenti ma mai arresi, perennemente fiduciosi in una svolta o in un segno di speranza: fino all'ultimo continueranno - spinti dalla madre, che rappresenta la loro coscienza d'appartenenza territoriale, le radici in pratica - a sperare che il più piccolo, Luca, potrà realizzare ciò che agli altri tre è stato negato. Che è poi, in sostanza, non tanto il successo concreto, quanto la sua 're-importazione' nella terra natìa, un ritorno a casa che dimostri qualcosa di materialmente raggiunto. Tre ore sono evidentemente troppe, soprattutto per un regista come Visconti, che dà maggiore importanza alle immagini che alla narrazione: spesso ci si perde in scene, magari belle, ma lentissime. E' un gran bel romanzone, ma che la tira per le lunghe.
I quattro fratelli Parondi, con la madre, arrivano a Milano dal profondo sud, in cerca di fortuna. Rocco ne trova una piccola fetta come pugile, ma gli altri saranno più sfortunati: Ciro farà l'operaio, Simone si macchierà di un omicidio per gelosia ed infine rimane il piccolo Luca, ancora un bambino, nel quale i fratelli e la madre ripongono le ultime speranze di un ritorno a casa con in mano qualcosa di concreto.
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