Regia di Luchino Visconti vedi scheda film
VOTO 10/10 Melodramma di vaste ambizioni e di complesse influenze letterarie (alcuni episodi del film sono ispirati al romanzo "Il ponte della Ghisolfa" di Giovanni Testori, ma fra le opere che l'hanno influenzato c'è anche l'Idiota di Dostojevskij) in cui si disegna lo schema, tipico del regista, della disgregazione di una famiglia alle prese con la civiltà industriale e l'emarginazione in una grande città. Film di ampio respiro narrativo, di ispirazione generosa e forte drammaticità che tocca il suo vertice nella scena dell'uccisione di Nadia all'Idroscalo. Giustamente sono state evocate le tragedie greche per la straziante intensità di molte sequenze, così come è appropriato il paragone con il più recente "Furore" di John Steinbeck e con la versione cinematografica di John Ford. Tutti gli attori sono diretti splendidamente, con un Delon ormai in odore di divismo che fornisce una convincente performance nel ruolo dell'angelico Rocco e un Salvatori che, pur doppiato, vi trova il migliore ruolo della sua carriera; ottime anche le prestazioni di Annie Girardot nei panni della prostituta Nadia e Katina Paxinou in quelli della madre. E' un film di pari importanza rispetto alla Dolce vita di Fellini, uscito lo stesso anno, e una pietra miliare nell'itinerario artistico di Visconti: può sembrare meno innovativo di altre opere uscite nel fatidico 1960, come L'avventura di Antonioni o Fino all'ultimo respiro di Godard, ma, nella sua costruzione di romanzo cinematografico che attinge ampiamente al melodramma, trova una sua coerenza e una sua forza emotiva indiscutibili, che lo elevano al rango di capolavoro. Insostituibile contributo del fotografo Giuseppe Rotunno. Il film di Visconti, inoltre, avrà un'indubbia influenza su altre saghe familiari cinematografiche, come quella delle famiglia Corleone nei vari capitoli de Il padrino di Coppola.
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