Regia di Paul Verhoeven vedi scheda film
Secondo film sul suolo americano per Paul Verhoeven (dopo “L’amore e la carne” del 1985) e meritata consacrazione a tutto campo, infatti in questo frangente il regista olandese riesce a dar vita ad un prodotto d’azione molto spettacolare, ma oltremodo impreziosito da tante scelte di contorno estremamente valide che gli permettono di essere decisamente in avanti rispetto ai tempi d’uscita e tutt’oggi valido e meritevole di essere analizzato senza fermarsi sulla superficie delle cose.
Detroit, la polizia è alle strette (ogni giorno qualcuno ci lascia le penne), mentre futuri piani di espansione economica prevedono una città all’avanguardia con lavori di ammordamento ingenti in vista.
Murphy (Peter Weller), alla sua prima uscita nella nuova sede, viene ucciso e dalle sue ceneri nasce un cyberpoliziotto infallibile con il compito di portare l’ordine per le strade.
Ovviamente questo infastidisce i poteri forti collusi con la malavita e il nostro si troverà a combattere da solo contro tutti insieme alla collega Anne Lewis (Nancy Allen) che non si è dimenticata di quello che era ovvero un uomo.
Corposo blockbuster che se da un lato sa perseguire con estrema efficacia la spettacolarità (sparatorie, esplosioni e combattimenti non mancano affatto in un montaggio accuratamente serrato), dall’altro non manca di piazzare buoni colpi che lo rendono un prodotto ben più articolato e profondo di quanto la trama di fondo non farebbe credere.
Infatti, come farà in seguito con “Starship troopers”, Verhoeven propone scampoli di telegiornali che mescolano notizie poco affini tra loro, e con punti di rara bassezza (certo non per noi che siamo tutt’ora abituati a molto peggio), insomma una critica tutt’altro che velata ai mass media, inscena poi la collusione tra bassifondi ed i poteri forti che puntano diritto solo al business e non alla qualità del servizio (come dice il boss corrotto Dick Jones “cosa vuoi che gliene freghi alla gente se il nostro robot funziona o meno, l’importante è che venga prodotto su larga scala”).
Non mancano nemmeno le battute ironiche, infatti nella serietà di Robocop, in più casi le sue rigide affermazioni non possono che risultare felicemente ilari (esempio top sul finale con Anne ferita “Lewis non ti preoccupare ti aggiusteranno, aggiustano tutto loro!”) e questo abbinamento risulta straniante, ma sorprendentemente molto appropriato.
Infine ho trovato calzante e fondamentale il rapporto stretto uomo-macchina, il cyborg mantiene una memoria indelebile nonostante tutto quanto gli sia accaduto, questo lo porta a essere assai vicino alle corde dello spettatore e genera una sincera emozione che regala un'altra sponda di notevole interesse (nessuno studio approfondito, ma il tutto è estremamente percepibile).
Così “Robocop” rimane a suo modo un must, un film trasversale che puntando diritto al sodo (tutto viaggia sempre spedito) non manca di offrire svariati appigli collaterali di gradimento che pellicole di questo stampo quasi sempre non conoscono nemmeno lontanamente.
Tosto.
Regia ricca ed efficace sotto molteplici punti di vista.
Ottimo senso dello spettacolo, gran ritmo, ma anche una notevole attenzione ad aspetti secondari che rendono il suo lavoro personale e completo.
Molto bravo.
Brillante nei primi venti minuti, poi rimane nascosto, bocca esclusa, dietro una corazza metallica, ma anche nel finale, pur nella necessaria fissità richiesta del caso, riesce ad essere efficace.
Bravo.
Semplice, scaltra e con le palle al seguito.
Discreta.
Composto.
Cattivo pugnace e deciso.
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