Regia di Tommy Lee Jones vedi scheda film
Alla sua terza regia cinematografica, Tommy Lee Jones è anche al su primo vero western. Dopo aver diretto The Three Burials of Melchiades Estrada (2005), dove riutilizzava il genere attualizzandolo, e dopo aver partecipato come attore a The Missing (2003), a qualche film per la tv come Colomba solitaria, dal grande successo di Larry McMurtry (1989), torna sul sentiero del vecchio west con un’opera ambiziosa. Tratto dal best seller di Glendon Swarthout, The Homesman si avventura nei meandri di un western dalla forte connotazione materiale – le case in adobe del villaggio di pionieri del Nebraska dove ha inizio la storia sono un gioiello di set decoration – inseguendo però un’ispirazione più filosofica e irrazionale.
Aiutato da una messa in scena scarna e straniante, regola ormai abbastanza accettata del neowestern, il film passa repentinamente da moduli tipici western, con un massimo di azione e riferimenti iconografici del genere ben pregnante, a moduli più irrazionali, dalla costruzione meno immanente, venati di favolismo, con un minimo di azione e realismo.
Lungo poco più di due ore, The Homesman sarebbe stato un ottimo western se avesse tagliato quelle digressioni bizzarre, che lo connotano sicuramento come prodotto atipico all’interno del genere, e si fosse dedicato maggiormente all’azione pura del genere. Sicuramente vanta un ottimo cast che, non solo grazie al muso di pietra di Tommy Lee Jones e alla inattaccabile bravura di Hilary Swank, ma anche grazie alle caratterizzazioni di William Fichtner, John Lithgow, Barry Corbin, James Spader e Meryl Streep, sa dare la giusta evocazione a una frontiera affascinante come quella messa in scena dal regista: predominio dell’orizzontale, grandi spazi vuoti, interni, trucchi e costumi notevoli. Nulla da dire sul tema di fondo della vicenda: un uomo grezzo e spinto solo dal denaro decide di portare tre donne impazzite a causa della dura vita dei coloni fino ad una missione al di là del Missouri.
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