Regia di Francesco Patierno vedi scheda film
Un avvocato in arrampicata sociale conosce il guru del foro italiano, insieme al quale si troverà invischiato in affari sempre più loschi. La liaison del primo con la moglie del secondo complicherà le cose.
Per tutto il film ci si attende che accada qualcosa: uno sconvolgimento, un evento cardine. Ma sui titoli di coda si rimane delusi, perché consapevoli che la storia ha prodotto il suo massimo sforzo, ma non ce ne siamo accorti.
Nell’ultimo lavoro di Francesco Patierno “La gente che sta bene”, non c’è nemmeno la moderata causticità ammirata in precedenza (in “Cosa dell’altro mondo”, per esempio). E dire che il titolo aveva fatto ben sperare: una bella commedia corrosiva sulle classi borghesi ed effimere dell’italietta moderna. Queste almeno le premesse. Invece niente di niente. Solo tanto moralismo ed un piattume generale. Nessuno spunto, ma soprattutto, ed è grave per una commedia, un ritmo tremendamente lento.
In definitiva un’opera obiettivamente malriuscita. Al termine, rimane solo l’evidenza del paraculismo di Francesco Patierno (soggettista, sceneggiatore e regista dell’operazione) che, nel risolvere l’atavico dilemma delle commedie italiane moderne, ossia da quale miniera televisiva attingere per il casting, decide di assoldare il guru di Zelig Bisio e il responsabile di Colorado cafè Abatantuono. I protagonisti, di scuola “Salvatores”, provano a fare del loro meglio, ma la sceneggiatura li spinge verso una deriva che nemmeno Pacino e DeNiro avrebbero potuto evitare. Passaggio a vuoto mostruoso. Per tutti. Anche per lo spettatore.
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