Regia di Francesco Patierno vedi scheda film
Film riuscito a metà. Buone le intenzioni, ma altalenanti, discontinui e, in qualche caso, discutibili i risultati.
Sono le stesse considerazioni che sono portato a fare del protagonista, Claudio Bisio. Per certi aspetti, straordinariamente tagliato per il ruolo, ma, ahimè, portato a strafare e insufficientemente tenuto a freno nei suoi troppi tic inutili, nelle sue gigionerie fin troppo note e quindi leziose. Per contro Margherita Buy, la moglie, in un ruolo fin troppo dimesso e mortificato. Abatantuono invece interpreta alla perfezione il suo ruolo, denotando una personalità e una padronanza della propria parte notevoli.
I dialoghi non sono abbastanza incisivi. Spesso ripetono cliché banali e contribuiscono a mantenere il film più su un livello da commedia che da dramma sociale, come forse gli autori avrebbero voluto.
Forse per non appesantire il racconto o per intrinseca incapacità di affrontare una tematica così seria, il film oscilla fra la commedia, in certi momenti la farsa e in alcuni, ma sono pochi, la denuncia e il dramma sociale.
Il problema è che l’impianto narrativo poco si adatta alla commedia, cui il solo Bisio sembra credere (e per fare questo, utilizza a dismisura, ben assistito dai primi piani, le sue tipiche espressioni facciali, il suo “vitalismo” esagerato).
Gli altri personaggi sono invece funzionali a un approccio drammatico proprio per l’oggettiva dimensione di denuncia in cui sono chiamati a muoversi. Denuncia di un sistema economico popolato da personaggi normali che vengono inesorabilmente espulsi a favore di veri e propri mascalzoni che interpretano a meraviglia le leggi spietate del mercato.
Le “vittime” sono quindi coloro che non sono ben inserite nella scacchiera sociale. Sono le mogli, sono i figli, sono gli stessi uomini del sistema, colpevoli di non essere abbastanza spietati, abbastanza cinici e abbastanza vigliacchi.
Il film quindi ne esce affetto da zoppìa evidente: da un lato Bisio che annacqua con la sua interpretazione la dimensione drammatica del film, dall’altra una storiaccia di miserie umane, infedeltà, ipocrisie, cinismo e vigliaccheria che nulla hanno a che vedere con i toni leggeri della commedia di costume.
Alla fine, il ravvedimento del protagonista suona falso e posticcio e contribuisce a svilire il messaggio di denuncia che parrebbe e dovrebbe percorrere il film. Così come francamente di bassa lega è la scena alla caserma dei carabinieri: un intermezzo farsesco che non aiuta a elevare la qualità di una storia forse troppo frettolosamente scritta e non ben meditata.
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