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La gente che sta bene

Regia di Francesco Patierno vedi scheda film

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La recensione su La gente che sta bene

di OGM
6 stelle

Un po’ scontato, ma molto forte. Questa volta, la satira dell’odierna società bene è caricata di emozioni vere. C’è il disagio, che rasenta la psicosi, dei ricchi ma infelici, degli uomini senza scrupoli che, malgrado tutto, soffrono. È una ruvida fibra di follia che graffia l’anima, con un effetto che il tono ironico della commedia non riesce a rendere meno bruciante. In questa storia si ride per stare al gioco, ci si arrabbia per affermare il proprio predominio, e si piange di nascosto, quando si è certi di avere  ragione e torto insieme. Umberto Durloni, il famoso avvocato milanese, recita solo fino al momento in cui il sistema che, per tanti anni, ha dominato con grande successo, inaspettatamente lo respinge, e presenta il conto alla sua coscienza. Quell’uomo non cambierà, almeno non prima dell’improbabile finale, ma, ad un certo punto, si troverà ad usare le proprie armi combattendo dalla parte del perdente. Ed è esattamente allora che la sua vigliaccheria assumerà venature tanto crudeli quanto puerili, da persona disabituata a vivere nel mondo, alla quale sfugge l’importanza di essere presenti a se stessi e di esistere per gli altri, oltre alla necessità di riconoscere ed affrontare i problemi che sorgono all’interno della delicata e complessa dimensione umana. Questo sarebbe il solito film di condanna morale dei potenti, se non fosse raccontato dalla prospettiva di questi ultimi, almeno di quelli che si collocano sul confine tra il regno degli intoccabili e la realtà della gente normale, fatta di padri di famiglia, di adolescenti ribelli, di donne che rinunciano alla carriera per dedicarsi ai figli. Umberto, da un lato, è risucchiato verso l’alto dal delirio di onnipotenza indotto dalla sua privilegiata posizione; dall’altro, è richiamato costantemente alla realtà dalla moglie Carlita, infastidita dal suo cinismo e preoccupata per i suoi eccessi,  e dai figli Giacomino e Martina, che esprimono il loro malessere con comportamenti patologici.  Fintanto che le cose vanno bene, il protagonista si muove con spocchiosa e ilare disinvoltura sul sottile confine che separa i due universi. Non appena, però, il terreno, sotto i suoi piedi, diventa più che mai scivoloso, il divertimento cessa, per cedere il posto ad una triste messa in scena, nella quale fingere sicurezza è una semplice questione di sopravvivenza. Ai mattacchioni che, dall’altro lato della barricata, fanno dello scherzo uno strumento di sopraffazione, Umberto risponde con la buffoneria del pagliaccio-burattino, il cui affannoso conformismo lo rende più succube che complice. La sceneggiatura de La gente che sta bene coglie in pieno, in maniera sensibile, fantasiosa ed incisiva, questa ambiguità di ruoli, che, nella mirabile interpretazione di Claudio Bisio, si articola in un istrionico spettro di sfumature amare, a tratti  caustiche e temerarie, a tratti squallidamente decadenti. Il film è lui, che trascina nel suo vortice tragicomico tutti i personaggi di contorno, donando, ad una trama contorta e poco originale, la rotonda corposità di una claunesca, allegorica ballata. 

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