Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film
Nel XVII secolo una suora, accusata di essere una strega, viene rinchiusa per trent'anni in una cella di convento; a quello stesso convento bussa, all'inizio del XXI secolo, un funzionario statale che si trova di fronte a un misterioso conte, che ora vive isolato dentro a quell'edificio.
Corsi e ricorsi storici, la ciclicità del Tempo: temi che da sempre affascinano Marco Bellocchio, ormai 76enne e con mezzo secolo esatto di carriera alle spalle - il suo esordio fu proprio nel 1965 con il capolavoro I pugni in tasca. A collegare il lontano debutto e questo lavoro della terza età c'è l'ambientazione nella provincia piacentina dove il cineasta è nato e cresciuto: a Bobbio, per la precisione, elemento portante (e non semplice 'set') di numerose sue pellicole; anche l'idea di famiglia, pur evolutasi negli anni e messa in discussione a più riprese, è concetto imprescindibile del cinema di Bellocchio. La cui indagine agli esordi poteva riguardare principalmente la contemporaneità, mentre ora sembra maggiormente rivolta, contemporaneamente, al passato e al futuro. Sangue del mio sangue è un film ben diretto e ben confezionato (da sottolineare come sempre il contributo di Daniele Ciprì per la fotografia), che conferma come Bellocchio in questo periodo della sua produzione si trovi più ispirato nelle opere riflessive, addirittura di fiction storica come nella prima parte di questo film, che in quelle direttamente legate ad argomenti concreti come la precedente La bella addormentata (2012), non del tutto riuscito. Cast adeguato all'operazione, folto di nomi validissimi e ben conosciuti dal regista: Roberto Herlitzka, Filippo Timi, Alba Rohrwacher, Toni Bertorelli e Pier Giorgio - figlio di Marco - Bellocchio. 6/10.
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