Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film
72° FESTIVAL DI VENEZIA – CONCORSO
Cosa lega una fosca e morbosa storia vecchia di tre/quattro secoli inerente un presunto atto di stregoneria da parte di una suora giudicata eretica, ai danni di due fratelli gemelli, uno suicida per questo, l’atro accorso al convento per ottenere chiarimenti, con una vicenda di intrallazzi e calcoli politico-economici che coinvolgono un misterioso ispettore ministeriale, un miliardario russo con ambizioni di acquisto, ed un misterioso occupante di quello che ora è un rudere in via di abbandono?
Beh certamente l’ex convento, teatro di tutto l’accaduto dell’ultimo film di Bellocchio; ma più in generale l’intera città di Bobbio, paradiso-rifugio del celebre autore e regista, ipotetico centro del mondo che contende molti paesi e città ricche di storia del centro Italia.
O ancora più intimamente alcuni apsetti privati ed intimi della vita del regista: i due gemelli, la morte di uno di essi, rientrano troppo chiaramente in fatti e situazioni che la cronaca ci rivela come facenti parte della vita intima e drammatica del regista piacentino, che, certamente non a caso, ha dato alla sua ultima, intima e bizzarra opera, un titolo tanto indicativo ed evocativo di qualcosa di molto personale.
E Sangue del mio sangue risulta presto, sin dalle sue prime immagini “storiche”, un film piuttosto interessante, quasi accattivante non fosse che ci troviamo dinanzi all’opera di un autore a cui sono (per fortuna) estranee certe regole e spunti narrativi di facile presa.
Poi il trasferirsi ai giorni nostri, in un’ambiente cittadino da piccola provincia, ricco di incongruità e di “maneggi”, e calcoli di personalità arriviste e calcolatrici, rende tutto più bizzarro e sopra le righe, grottesco, boccaccesco e dunque apparentemente poco serio, anche se l’intervento di un duetto d’attori eccezionale come quello formato da Herlitzka e Bertorelli, entrambi magri, ossuti, un po’ curvi e coi lineamenti spigolosi ed adunchi come corvi dai tratti quasi satanici, impreziosisce il risultato finale, che resta un po’ discontinuo e frammentario, ma anche piuttosto insolito ed apprezzabile nell’associare elementi di un passato remoto, crudele, violento ed ingiusto, con un presente apparentemente più bonario e possibilista, involgarito dal calcolo, dal consociativismo e dalla corruzione dilagante: crimini questi, formalmente meno efferati, più eleganti, ma non meno odiosi ed inaccettabili.
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