Regia di Umberto Lenzi vedi scheda film
Il paese del sesso selvaggio è un curioso incrocio fra erotico alla Emanuelle, esotico alla Polidoro/Albertini (insomma: cinema da cartolina) e cannibal, filone horror/avventuroso che si svilupperà negli anni a seguire; bene o male si tratta di tre categorie che si intersecano senza grossa fatica fra loro e infatti, per quanto lievemente in anticipo con i tempi e dalle origini stilistiche variegate, il film di Lenzi risulta facilmente assimilabile. E' anche una piacevole distrazione per un regista che già da qualche anno si era dedicato al thriller (altra corrente molto in voga in quel periodo per il cinema nostrano) e che negli anni '80, dopo la debita parentesi poliziottesca, ritornerà sui suoi passi per sfogare la propria vena sanguinolenta-orrorifica. Qui la sceneggiatura di Francesco Barilli e Massimo D'Avak non brilla certo per fantasia, ma va quantomeno rilevata la volontà di (blanda) critica della cosiddetta 'civiltà' occidentale insita in fondo al lavoro; fra gli interpreti non si trova nessun nome degno di rilievo e anche questa è una pecca non da poco per il film: Ivan Rassimov è l'unico attore di un certo calibro (e si consideri quali), mentre la sua partner sullo schermo è la semisconosciuta birmana Me Me Lay, sorta di surrogato - assolutamente non all'altezza dell'originale - di Laura Gemser, per l'appunto la 'vera' Emanuelle. Qualche scena di sesso non esageratamente esplicito, un po' di sangue e di violenza, uno squartamento di un coccodrillo in agonia come retaggio dei mondo movie, che d'altronde negli anni Settanta torneranno alla popolarità. 2/10.
Un ricercato fugge nella foresta dell'Indocina per far perdere le sue tracce. Qui si scontra con una primitiva tribù che, dopo averlo fatto prigioniero, lo costringe a rimanere nel posto sposando la figlia del capo.
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