Regia di Marcel Ophüls vedi scheda film
CANNES 2013 - QUINZAINE DES REALISATEURS
Un viaggiatore spesso suo malgrado è stato Marcel Ophuls, figlio del certo cinematograficamente più famoso Max (morto tuttavia quest'ultimo prematuramente poco più che cinquantenne nonostante un notevole curriculum di titoli noti o notissimi). Oppure un viaggiatore per inseguire gli istinti e le esigenze di informazione proprie del suo essere un documentarista; oppure ancora per fuggire alla persecuzione nazista; o per sbarcare ad Hollywood per essere premiato col maggior riconoscimento per la sua categoria; oppure infine per seguire amici preziosi come Francois Truffaut e le correnti di pensiero che negli anni '50 stavano cambiando il concetto di fare cinema in tutta Europa. A 85 anni Marcel Ophuls torna a girare e lo fa con un film testamento, dunque proprio per questo motivo necessariamente un evento importante e definitivo.
Un film che ne percorre tutte le tappe, dalla nascita in una famiglia di un artista leggendario e di prima grandezza, ai giorni attuali che lo vedono ancora arzillo col suo docile cagnone in giro per Venezia o con la sua amica attrice Jeanne Moreau a ricordare i grandi registi del passato come Antonioni, piuttosto che con la vedova di Truffaut per ripercorrere gli anni dell'impegno, prima come regista di solo un paio di film fiction, poi nei panni più appropriati e favoriti di geniale acuto documentarista, con l'indiscusso merito di aver contribuìto ad aprire gli occhi al mondo su cataclismi e genocidi come quelli risalenti all'incubo nazista.
Un diario prezioso in formato audiovisivo girato con passione ma senza auto-referenzialità, e inevitabilmente destinato a veicolo appropriato in grado di farlo passare alla storia come artista completo, acuto ed impegnato e non solo o soltanto come figlio di un artista di impareggiabile valore.
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