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The Last Days on Mars

Regia di Ruairi Robinson vedi scheda film

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La recensione su The Last Days on Mars

di alan smithee
8 stelle

CANNES 2013 - QUINZAINE DES REALISATEURS
Marte. Pianeta dei sogni, ma anche degli incubi peggiori. Sabbia rossa, affascinante, calda ma pure inquietante dove domina un paesaggio desertico che ormai abbiamo imparato a conoscere bene grazie anche a tutte le pellicole dedicate al possibile rifugio delle speranze di vita dell'avvenire. In un futuro imprecisato ma non lontanissimo, una squadra di tecnici si prepara a lasciare la base spaziale, luogo di ricerche ed analisi del suolo e del terreno. La routine regna sovrana anche col sopraggiungere delle quotidiane tempeste di sabbia (rese con semplicità e fascino ed in modo ben più efficace che in mille altre produzioni più ricche). Finché un incidente causato da un imprudenza, che provoca la morte di un tecnico, permette alla squadra di maturare una scoperta sensazionale…e mortale al tempo stesso. Appare infatti dal nulla un virus che si impadronisce del corpo del defunto facendogli riacquisire capacità motorie e rianimandolo: ed ecco che dalla fissità cadaverica conseguenza del trapasso si passa alla mobilità maldestra e furente di uno zombie nero e rinsecchito, un volto malvagio ed inquietante che perde ogni connotato umano tendendo alla più cupa malvagità: morti viventi su Marte dunque, ed il loro incedere lento e silenzioso tra le piatte vallate marziane è una bella visione d’insieme, suggestiva e raggelante di terrore. Una minaccia che i superstiti, superato lo shock iniziale, cercano invano di contenere. Conseguenza: morte e distruzione dell’intero equipaggio e dei rinforzi che accorrono per i soccorsi, ad eccezione del nostro pavido protagonista, che ha il volto squadrato e rassicurante di Liev Schreiber.

Siamo dalle parti della fantascienza più classica e pura, cosa piuttosto insolita presso la Quinzaine che ha visto ospitare nel suo glorioso e ricco passato anche begli horror e fanta horror (penso tra gli altri a The Host, capolavoro coreano di Bong Joon hoo), ma raramente un film di fantascienza pura.

Il film, semplice ma dinamico e portatore di un buon livello di suspence, sembra girato con un budget piuttosto contenuto che tuttavia non lo catapulta immediatamente nella serie B (sembra di trovarsi più vicino al budget contenuto di Pianeta rosso che ai fasti di Prometeus insomma, ma comunque distanti dalla fantascienza orrorifica, efficacissima ma al risparmio, del Carpenter geniale di Fantasmi su Marte), ma contribuisce a fargli acquisire un’atmosfera di tensione e isolamento claustrofobico. Emozioni che si trasferiscono con una buona efficacia sulla resa emotiva avvertita dal pubblico, ieri sera piuttosto eccitato, presente in massa all’anteprima presso uno scintillante e un po' kitch Palais Stefanie proprio di fronte alla Croisette. In sala intervengono il giovane regista, sconosciuto, bravino ma soprattutto la celebre bella attrice Olivia Williams, impegnata in un ruolo di contorno ma fondamentale: entrambi sorridenti e grati dell’accoglienza calorosa, uniti a difendere le sorti di questo buon prodotto d’evasione che si mantiene in sordina, quasi sottotono per buona parte della sua vicenda, per sfoderare almeno un paio di colpi di tensione interessanti. Un plauso pure al cast ove spiccano, oltre alla citata Williams e al valido protagonistaSchreiber, l’ottimo Elias Koteas e la graziosa Romola Garai.

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