Regia di John Crowley vedi scheda film
Un altro attacco sanguinario all’Occidente, dopo un decennio dal grande incubo newyorkese: una bomba esplode e semina morte in un affollato mercato nel cuore di Londra e tutte le colpe ricadono sin troppo sbrigativamente sull’unico dei sopravvissuti della fazione terroristica che ha rivendicato l’attentato, troppo facilmente ricondotto a capro espiatorio.
Processo immediato per la necessità di infliggere una pena esemplare; uno stuolo di brillanti avvocati che si contende la difesa del caso del decennio. A complicare le cose tuttavia, il Governo della Corona, non senza logiche motivazioni, decide che tutte le prove dell'accusa vadano secretate per ragioni di sicurezza e pertanto, in aggiunta ai legali delle rispettive parti, viene nominato per la difesa un “avvocato speciale”, imparziale e sopra le parti, col compito di verificare gli elementi che accusano l’imputato. Il prescelto per questo delicato ruolo, e proprio per questo da quel momento assolutamente inavvicinabile dall’altro avvocato “ordinario”, risulterà essere la giovane e dinamica Claudia Simmons.
Caso vuole (ma neanche troppo) che la parte incaricata della difesa muoia poco prima dell’inizio del processo e che il ruolo venga affidato in sostituzione all’aitante e perspicace Martin Rose, legale quarantenne che, per ironia della sorte, risulta essere anche un conoscente un tempo piuttosto intimo dell’avvocato speciale di cui sopra, a causa di una intensa ma trascorsa storia d'amore che caratterizzò il passato di entrambi.
Insomma tra sospetti, complotti nel classico stile noir, peripezie dell'ultimo momento e difficoltà oggettive a gestire un caso complicato da una complicità che va al di là della legge, Close Circuit presenta una trama thrilling mista ad un sottofondo di love story che sarebbe piaciuta non poco a due grandi maestri come Hitch e Wilder, appassionati entrambi del legal thriller, magari con sfondo processuale, magari ancora con un intermezzo a tinte rosa a confonderne maliziosamente i contorni.
John Crowley, onesto autore del singolare e delicato Boy A e dell’intrigante Intermission, si perde tuttavia senza un proprio stile nello svolgimento di una spy-stori fiacca e piena di luoghi comuni, vista e risaputa, fuori tempo massimo e a tratti pure fastidiosa.
Non aiuta molto a risollevare le sorti della pellicola, scialba e routinaria, l’innegabile fascino di un possente Eric Bana che gioca come può (ma non ignobilmente) a fare il Cary Grant del nuovo millennio, così come, ed ancor peggio nel raffronto, potrà figurare quella stangona della Rebecca Hall nel ruolo scomodo e francamente irraggiungibile di una novella, coraggiosa e determinata Katharine Hepburn.
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