Regia di Kristian Levring vedi scheda film
Da quando il western è diventato un occasionale strumento di rielaborazione del mito e della sua estetica (Le lacrime della tigre nera, Rango, Cowboys & Aliens, Il buono il matto il cattivo, The Lone Ranger, Appaloosa), ma soprattutto uno stimolante laboratorio autoriale (La proposta di John Hillcoat, Le tre sepolture e The Homesman di Tommy Lee Jones, Il Grinta dei fratelli Coen, Meek’s Cutoff di Kelly Reichardt, naturalmente Django Unchained di Tarantino) si rischia di agitare facili e pregiudiziali entusiasmi. Può succedere con The Salvation: coproduzione internazionale, Kristian Levring in regia, 10 milioni di dollari a disposizione, le splendide facce di Mads Mikkelsen, Eva Green, Jeffrey Dean Morgan (e perfino quella di Éric Cantona) e numerose aspettative oltre il lecito. Il canovaccio è tra i più classici: lo straniero silente si conquista, insieme al fratello, un pezzo di terra e di rispettabilità yankee con fatica e sudore; chiama a vivere con lui la famiglia che non vede da otto anni, ma durante il viaggio donna e figlio vengono brutalmente uccisi. Segue vendetta e dissoluzione dell’ordine cittadino, con il duro a morire che sgomina fuorilegge e corrotti. Bello e violento il prologo, derivativo oltre la soglia di allarme e senza guizzi il resto. Esasperante la messa in scena, tutta costruita su sfondi ammalianti in CGI. La frontiera di Levring è una cartolina bucata, un deserto arido di idee e di passione. Lo si incontra e lo si dimentica.
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