Regia di Antonin Peretjatko vedi scheda film
CANNES 2013 - QUINZAINE DES REALISATEURS
Commedia francese spigliata (sin troppo) e scatenata (nella sua fisicità saettante alla “Ridolini”); una storia d’amore nei giorni del periodo della crisi durante la contemporaneità dei nostri primi anni "dieci", visti dal regista nei suoi aspetti più tragicomici e deliranti, scoppiettanti di fervore come ai tempi della presa della Bastiglia. Hector si è innamorato di Truquette proprio il 14 luglio, inizio tetro e minaccioso della Rivoluzione francese, nei pressi del Louvre. Per cercare di essere ricambiato dello stesso sentimento dalla bella ragazza, decide di portarla al mare. Lo seguono una banda di balordi ed imbranati coetanei che si imbattono in ogni ostacolo più assurdo ed improbabile, fino a quando apprendono che il Governo, proprio per scongiurare le conseguenze più aspre della crisi ormai dilagante, decide a sorpresa di eliminare il periodo di festività e far tornare al lavoro tutti quanti prima del tempo. Ovviamente tutto ciò non sarà sufficiente a far desistere dal suo complesso e un po’ irrealistico piano l’intraprendente giovane. Probabilmente scherzare con brio e leggerezza su uno sfondo sociale che sempre più inquieta anche paesi insospettabilmente avanzati e sopra la media come la Francia, può essere uno strumento efficace per indurre ad affrontare con meno traumi le drammatiche conseguenze economiche di un sistema globale che non riesce più a reggersi in piedi. La comicità nervosa e frenetica, tipica di molta quotidianità stressante di ognuno di noi, ben si presta, soprattutto nella prima mezz’ora, a sintetizzare l’isteria collettiva che ormai risulta follemente (e comicamente) incontenibile anche nella più grigia realtà quotidiana. Certo poi le gag si fanno ripetitive e un po’ meccaniche, figlie di una comicità fisica d’altri tempi che fa presto a scadere nella più scontata ripetitività. Gran risate tra la folla che riempie la sala, mediamente a mio avviso più entusiasta di quello che effettivamente meriterebbe questa innocua commediola spesso banalotta e demente (più che demenziale), presente qui nella “Quindicina” senza un valido motivo percettibile se non l’essere figlia di uno sforzo creativo (se così si può definire) indigeno.
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