Regia di Andrew Leman vedi scheda film
Una delle più fedeli trasposizioni di un racconto attribuito al celebre Lovecraft. Il regista riesce a calare i protagonisti in un contesto onirico e vintage, facendo uso di una particolare tecnica di ripresa.
Entrato in possesso dei beni di un prozio deceduto, tale George Gammel Angell, il protagonista trova gli appunti di un mistero ossessionante, sul quale il defunto parente stava indagando. Tutto parte da un personaggio, tale Wilcox, scultore e artefice di una inquietante statuetta riprodotta a seguito di angoscianti incubi. Legati a questo artefatto sembrano essere avvenimenti apparentemente sconnessi, dislocati nello spazio (con riti d'evocazione nel Missouri e appunti di navigazione di un marinaio norvegese) e nel tempo. Tra gli scritti rinvenuti, forse un senso hanno anche frammentati articoli di giornale sul manifestarsi di terremoti, tempeste e altri devastanti eventi accaduti nel mese di Marzo del 1925.
"Bruci. Bruci tutto", sussurra l'inquieto protagonista mentre a forza viene condotto in una cella di isolamento. Il dottore, contrariamente all'avviso, posa lo sguardo sugli appunti che si trova sotto mano:
"La cosa più misericordiosa del Mondo è, io penso, l'incapacità della mente umana di correlare tutti i suoi componenti. Ma un giorno, il mettere insieme una conoscenza dissociata ci aprirà tali terrificanti visioni della realtà, e della nostra spaventosa posizione al suo interno, che o impazziremo per la rivelazione o fuggiremo dalla luce, nella pace e nella sicurezza di un nuovo medioevo."
Andrew Leman (classe 1966) aveva realizzato già nel 1987 un mediometraggio ispirato dai racconti dello scrittore di Providence, H.P. Lovecraft, dal titolo The testimony of Randolph Carter. E anche in seguito, nel 2011, pur se non in veste di regista, interpreta il ruolo di Charles Fort ne The whisperer in darkness ulteriore riduzione (stavolta a lungometraggio) per la quale scrive anche la sceneggiatura. Ecco spiegato, nel quadro d'insieme, il perché questo The call of Chtulhu sia riuscito perfettamente: ci troviamo, infatti, al cospetto di un conoscitore dell'opera omnia di Lovecraft. In primo luogo -cosa da apprezzare per la controtendenza- Leman volge lo sguardo indietro, al passato: una storia ambientata all'inizio del Ventesimo Secolo per meglio essere narrata deve essere calata in quel contesto. Magistralmente, ecco apparire il bianco e nero, quello volutamente datato, e la strada viene assolutamente preclusa al parlato. L'uso di didascalie e una colonna sonora dolcemente soffusa, aiutano a calare nel climax di angoscia e terrore che attanaglia i vari protagonisti, chi più, chi meno, destinati a varcare la soglia della follia. Leman dimostra un talento non comune nella sintassi e riesce -dividendo in tre segmenti la storia- a mantenere compatta l'intera vicenda. Questa pregevole dote va poi a braccetto con una messa in scena creativa ed originale (si pensi ai vari background con cieli coperti da nubi e lampi accecanti) che conferisce un ulteriore supporto onirico al già visionario contenuto. Certo, vero è che qui la base è prestigiosa (Lovecraft appunto) ma, come altrove testimoniato, non sempre le suggestioni letterarie sono state convertite correttamente in immagini (citiamo, tra i peggiori film lovecraftiani: La fattoria maledetta, La città dei mostri e Le vergini di Dunwich). In questo frangente -caso unico più che raro- esce una simbiosi, tra testo e contenuto audiovisivo, davvero eccellente. Titolo ovviamente promosso, e distribuito, dalla H. P. Lovecraft Historical Society.
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