Regia di Harmony Korine vedi scheda film
“I have a great love and fondness for these characters. Not necessarily the horrible things they do, but the way they approach it with such glee and abandon. They’re like artists of vandalism. They want to turn bad into something amazing.” [Harmony Korine]
Dopo il suo film più classico – per così dire – Harmony Korine interpreta e gira un lavoro sperimentale e indigeribile: una divertita rielaborazione di alcuni suoi ricordi di gioventù legati ai sobborghi di Nashville, dove riferisce di aver goduto di un vicinato di indefessi guardoni. Il ricordo, mescolato alla vista serale dei bidoni della spazzatura rovesciati, ha essenzialmente partorito “Trash Humpers”, che letteralmente sarebbe “scopatori di immondizia” (non solo: anche di fusti d’albero e di cassette della posta). Una riedizione dello sguardo sardonico e falsamente naïf sull’America quotidiana secondo Korine, ben dodici anni dopo “Gummo”; dall’estetica del bacon all’insistita antiestetica di bidoni della spazzatura violentati, di luci artificiali isolate in notturna, di tip-tap di strada a celebrare televisori sfasciati, di bambolotti massacrati. I partner in crime di Harmony, ovvero gli altri scopatori/vandali/disturbatori/assassini, sono la moglie Rachel Korine e due amici, tali Brian Kotzur e Travis Nicholson. I quattro protagonisti hanno i volti coperti da maschere che ricordano qualcosa a metà strada fra la persona anziana e il gravemente ustionato, eccezion fatta per l’aspetto quasi cadaverico della maschera grigiastra di Rachel, più inquietante che ridicola. Di tanto in tanto appaiono in scena anche altre persone, anch’esse protagoniste di atti fra il nonsense e il ricercato squallore.
Il mezzo scelto per rappresentare tutto ciò è una serie di VHS i cui nastri sono stati sciupati di proposito: in questo modo il film ha una patina da found footage, peraltro montato semplicemente selezionando gli spezzoni migliori e lasciandoli in ordine cronologico di girato. A Korine, che ormai non ha più niente da dimostrare, piace intrattenersi a modo suo e immaginare che questo film, invece di avere una distribuzione ufficiale, potesse avere come forma di diffusione ideale il reperimento casuale delle singole VHS. Il regista stesso, d’altronde, ha dichiarato di non sapere se definire “Trash Humpers” un film vero e proprio, usando piuttosto il termine “artefact”, artefatto. Spingendo il suo cinema antinarrativo all’estremo, Korine realizza una sorta di documentario irrealistico solo per ribadire per l’ennesima volta la supremazia del lato visivo nel suo cinema, al di là del significato delle immagini e di ogni possibile giudizio su quanto ritratto. Inaspettatamente, mostra nel finale un lampo del suo genio manipolatorio e all’improvviso fa nascere i fiori dal letame – per dirla con De André – creando lirismo laddove sembrava impossibile. Ma arrivare al finale è obiettivamente un’impresa: nonostante “Trash Humpers” sfugga ad un giudizio tranchant, la visione di soli 74 minuti di questo collage non può certo dirsi piacevole e la concentrazione dello spettatore cala gioco forza, rendendolo il tassello più estremo e debole dell’opera di Harmony Korine.
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