Regia di Rithy Panh vedi scheda film
In Cambogia, dopo mesi di assedio, i khmer rossi guidati da Pol Pot nel 1975 occuparono la capitale Phnom Penh e si insediarono al potere, avviando un vero e proprio esperimento di ingegneria politica che si basava sul ritorno ad una società "pura", quella delle campagne.
Abbandonate le città, l'organizzazione sociale si riproduceva nelle nuove ed enormi fattorie collettive, in cui tutti collaboravano nella raccolta del riso e degli altri prodotti agricoli, mentre una parte consistente delle cosiddette ore "libere" veniva impiegata nell'indottrinamento ideologico.
Il regista Ruthy Panh era un ragazzo all'epoca dei fatti. Come tutti i Cambogiani, dopo tutti i violenti bombardamenti americani precedenti, era contento del corso degli eventi, dell'instaurazione di un nuovo regime e delle sue promesse. Poi vide però i suoi familiari morire ad uno ad uno, vide i tanti che si ammalavano ed esausti perivano senza una vera e propria assistenza medica e i loro corpi sepolti in fosse comuni. Così sviluppa un racconto che cerca di essere nello stesso tempo intimistico e storiografico.
Il film quindi mescola aspetti da documentario con la retorica narrativa della fiction. Sfrutta tra l'altro la discrepanza netta fra alcune immagini di repertorio, sgranate e in bianco e nero, con la riproduzione di scene con personaggi scolpiti dalla terra rossa e colorati con tinture vivaci, mentre una voce fuori campo commenta gli eventi con tono malinconico e suadente.
Si sviluppa perciò un racconto dal ritmo lento, ma emotivamente penetrante, alla ricerca di quell'immagine mancante nella memoria collettiva che ricostituisca il senso della tragedia vissuta dal popolo cambogiano.
Mentre per chi guarda e assiste dall'esterno non resta che riflettere sulle parole di Tiziano Terzani, il giornalista-scrittore profondamente dentro le cose Asiatiche, che guarda al tentativo rivoluzionario di creare un Uomo Nuovo, ma che alla fine si esplica - avendo forzato le leggi della Natura - nella creazione di un Mostro.
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