Regia di Jia Zhang-ke vedi scheda film
Prologo: un uomo in motorino viene bloccato da alcuni ragazzi che armati di accetta lo vorrebbero rapinare. Lui estrae una calibro 45 e li fa secchi con fredda determinazione. È solo l’inizio di un affresco della Cina contemporanea dai connotati tragici, realizzato da Jia Zhang-ke anche contravvenendo alle rarefazioni d’autore dei suoi titoli precedenti. Quattro episodi che partono dalla provincia mineraria dello Shanxi, dove il regista è nato. Nel primo, un uomo che non sopporta la corruzione del suo ambiente regola i conti a colpi di fucile. Nel secondo, il tizio del motorino torna a casa dove lo attendono moglie e figlio piccolo, poi va in città e uccide due passanti. Nel terzo atto una donna (interpretata dalla moglie di Jia, Zhao Tao, già protagonista di Io sono Li di Andrea Segre) dopo un paio di delusioni mostra agli uomini da cui è perseguitata i diversi, più letali utilizzi di un coltello da frutta. Quarto capitolo su un giovane costretto a scappare dal posto di lavoro dopo un incidente, destinato a finire male. Il lavoro (ogni personaggio ha, o ha avuto, un ruolo professionale definito), il denaro, l’avidità, gli oggetti status symbol come le macchine di lusso o i cellulari di ultima generazione. La Cina di oggi è uguale al mondo occidentale descritto in un passaggio del film come «in crisi economica irreversibile», ed è curioso che un così potente e dolente affresco della potenza emergente si concluda con un ragazzo che si butta dal balcone, proprio come comincia Miss Violence di Alexandros Avranas, metafora sul crollo della Grecia e della sua/nostra cultura. La violenza è il nuovo linguaggio comune a tutti gli strati sociali; a sorpresa Jia Zhang-ke non si ritrae nel metterla in scena, anzi l’affronta di petto, come si trattasse dell’elemento descrittivo irrinunciabile per capire di quale mondo il film stia parlando. Violenza insensata, improvvisa e spropositata, in mezzo a frammenti della cronologia del caso e a movimenti della macchina da presa che “scoprendo” i personaggi li rendono per contro più enigmatici. Il titolo internazionale A Touch of Sin è un omaggio al capolavoro di King Hu, A Touch of Zen - La fanciulla cavaliere errante (1971). Premiato al Festival di Cannes 2013 per la migliore sceneggiatura, ma forse meritava di più.
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